Antony Gormley, SLUMP II, 2019.
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Divenire altro: il postumano contemporaneo
Magazine, PLANARIA - Part I - Gennaio 2023
Tempo di lettura: 14 min
Edoardo Durante

Divenire altro: il postumano contemporaneo

Come le prassi artistiche multidisciplinari di oggi stanno cambiando la rappresentazione di soggetti, natura e intelligenze artificiali.

Lu Yang, Material world knight, 2018, Shanghai biennale.

La vita oltre l’individuo 

Rosi Braidotti ha intrapreso uno dei più approfonditi tentativi di concettualizzazione della soggettività postumana, una soggettività da lei definita come nomade, trasversale per definizione, che comprende l’umano, gli animali e la terra ed è in grado pertanto di ridefinire lo stesso concetto di natura umana. 

La ricerca di un approccio zoe-centrato, dove per zoe si intende la vita nei suoi aspetti non umani, si articola secondo la ricerca del divenire animale, divenire terra e divenire macchina, «tendenze già indicate dalla filosofia di Deleuze e Guattari».11Rosi Braidotti, Il Postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveApprodi, Roma, 2014.
Viene a delinearsi, di conseguenza, un nuovo concetto del sé, relazionale ed esteso, che immagina la vita come processo interattivo e non esclusivo. Zoe è la forza dinamica della vita, una forza vitale non più esclusivamente umana, ma trasversale, che intreccia specie, categorie e domini un tempo separati. 

Il postumano è dunque da considerarsi come uno strumento teorico che permette di avere un panorama chiaro sugli sviluppi delle mutazioni conseguenti alle innovazioni tecnologiche, economiche e climatiche; è proprio dall’euforia scaturita dalla quarta era industriale che nascono le paure e la consapevolezza dei danni irreparabili inflitti all’ecosfera. Una grande parte degli studi sull’Antropocene si sofferma ossessivamente sullo stato di crisi globale, testimoniando una sorta di senso di colpa bianco, come definito da Braidotti stessa, «causato da colonizzazioni e stermini perpetrati dalla civiltà europea durante la storia, e che ora vede la propria estinzione come una possibilità non così remota».22Braidotti, cit.

Si potrebbe quindi pensare che l’approccio postumano sia seguito da una sorta di indifferenza nei confronti della condizione umana per come la conosciamo noi oggi; al contrario, suggerisce di condurre i soggetti in divenire verso nuove forme di soggettività distanti dall’umanesimo europeo e in particolare da quelle forme di esclusione violenta figlie di discriminazioni in base al sesso e la razza, esportate nel mondo dal colonialismo europeo. Il risultato finale, frutto di una prassi volta alla sperimentazione e collaborazione interspecie, è la riconcettualizzazione del soggetto umano che diviene un soggetto zoe/geo/tecnomediato e inseparabile dal contesto e dall’ambiente in cui vive. È un punto di partenza per ricostruire l’umano così come lo conosciamo, da non confondere con il concetto di abbandono né tantomeno di esaurimento; si tratta di un ridimensionamento dell’arroganza umana a favore di Gaia, perpetrato rifiutando posizioni unilaterali e favorendo rapporti solidali verso il prossimo, umano e non. 

Abbiamo necessità di abbandonare i rapporti oppositivi dialettici del questo o quello, abbracciando positivamente la scomparsa di differenza tra estinzione e vita, scomparsa e sovraesposizione, dissolvenza e insorgenza dell’uomo, sempre coscienti dell’esistenza di centinaia «di piani di divenire possibili e pluridirezionali».33Braidotti, cit.
Cohe, Colebrook e Miller affermano che la definizione di una soggettività postumana non sia possibile dal momento che nasce solo quando è in procinto di scomparire, situazione che scaturisce, come accennato, dall’ansia causata dai cambiamenti climatici, simbolo di vulnerabilità da parte di una società che è la prima causa stessa di tale condizione. A questo proposito sono fondamentali la decolonizzazione del nostro approccio critico e la comprensione del fatto che la condizione postumana non sia il risultato finale bensì una fase che sostiene i processi del divenire, una soggettività trasversale, transindividuale e transpecie: nomade e in movimento.

 la condizione postumana è fase

Le pratiche artistiche segnano sicuramente un passo verso la transdisciplinarietà. In particolar modo, la contemporaneità abbraccia svariate prassi che vedono l’unione di scienza, natura, tecnologia e arte, dando forma così a una relazione basata sul rispetto e la collaborazione. Prima di affrontare alcuni esempi di artistə che hanno messo in pratica diversi concetti propri del postumanesimo, vorrei fare un passo indietro e analizzare le origini di quest’ultimo.

Critical Studies: prima e seconda generazione 

I primi studi postumani nascono dalle esigenze sollevate da quelli che conosciamo come Critical Studies: studi di genere, postcoloniali, razziali, e in particolare il loro legame con media e comunicazione. I Critical Studies di prima generazione sottolineano i problemi impliciti delle scienze umane accademiche come «l’antropocentrismo strutturale e il nazionalismo metodologico»;44Braidotti, cit.
fondamentali per l’inclusione delle soggettività considerate erroneamente dalla contemporaneità come “altre”, sono riconducibili ai movimenti ecologisti e antinucleari, movimenti contro il sessismo, il razzismo e a favore della decolonizzazione. Facendo attenzione a non confonderli con un atteggiamento antiscientifico, i Critical Studies sono necessari per comprendere appieno le possibilità transdisciplinari costituite dalla critica postumana che vede in dialogo costante filosofia, arte e scienza al fine di costruire una nuova identità propria dell’essere umano che tenga conto delle esperienze delle donne, delle persone LGBTQ+ e della lotta contro il razzismo e il colonialismo. 

Genealogicamente legati alla prima, la seconda generazione di Critical Studies nasce a cavallo tra il XX e il XXI secolo, concentrando i propri sforzi su argomenti diversi: oggetto di ricerca diventano gli animali, le piante e gli studi ambientali, gli oceani e gli studi ecocritici. Volte all’inclusione di coloro che stanno ai margini del mondo, la prima e la seconda generazione sono accomunate dalla capacità di dare voce agli individui che consideriamo come esclusi, agli estremi della società, e che di conseguenza estrapolano la propria esperienza dall’oppressione e dalla sofferenza. Questo è un atteggiamento tipico dell’etica affermativa, che non mira a rimuovere la sofferenza e il dolore, bensì a trasformarlo.

Soggettività non umane

Un cambiamento fondamentale volto alla transdisciplinarietà avviene nell’ambito della letteratura e delle pratiche artistiche: la critica postumana presenta le caratteristiche di una scienza femminista, postcoloniale, che denuncia la violenza e la discriminazione implicite al capitalismo avanzato. Braidotti sottolinea come il postumano sia utile per analizzare e superare anche certi approcci curatoriali che mantengono atteggiamenti antropocentrici all’interno di mostre e spazi museali; gli oggetti spesso sono inseriti nei contesti espositivi per essere osservati, giudicati, e le informazioni che vengono fornite privilegiano le costruzioni sociali, ideologiche, storiche e culturali degli oggetti.

Il postumano per superare certi approcci curatoriali

La critica postumana mossa dalla filosofa riguarda sia l’universalismo umanistico eurocentrico sia l’antropocentrismo implicito di queste pratiche. A questo proposito Braidotti cita Cameron, che a sua volta porta come esempio l’esposizione di un secchio di plastica fusa presso il Victoria Museum di Melbourne. L’oggetto in questione è una testimonianza del Black Saturday,55Dal 7 febbraio al 14 marzo 2009.
un evento catastrofico che ha visto diversi incendi nello stato australiano di Victoria costituire il più grande disastro ambientale in Australia fino a quelli avvenuti nel 2019-2020. Il secchio è presentato come elemento in parte sopravvissuto a un tragico evento causato dall’essere umano e che resta al suo servizio. Secondo Cameron, un atteggiamento simile costituisce un duplice errore dal momento che da un lato ripristina la relazione binaria e indipendente tra natura e cultura, umano e non umano, mentre dall’altro la complessità dell’evento viene drasticamente ridotta negando l’importanza di agenti biologici e non umani fondamentali per la sopravvivenza a incendi di questa portata.66Cf. Fiona Cameron, Posthuman museum practices, in Rosi Braidotti e Maria Hlavajova (eds.), Posthuman Glossary, Bloomsbury Academic, London, 2018.
Al contrario, in un contesto zoe-geo-tecnocentrato è data importanza a diversi fattori chiave del problema, come le componenti materiali, ecologiche, sociali ed emotive che stanno alla base della processualità e produzione del secchio di plastica stesso. A questo proposito, Paulo Tavares e il programma di Forensic Architecture del Goldsmith College di Londra si sono soffermati in particolare sul concetto di oggetto oscuro: un sistema ecologico o un vero e proprio oggetto che riceve rilevanza giuridica nelle discussioni nazionali, e non solo, per quanto riguarda la devastazione ambientale. Elementi naturali come alberi, piante e fiumi ed elementi artificiali come il secchio di plastica fusa in questione diventano prove legali, e ciò impatta anche sulle pratiche artistiche e curatoriali, che registrano un rinnovato interesse per la natura globale e modificano di conseguenza i metodi di osservazione, catalogazione e impiego stesso delle prove. Inoltre, dal punto di vista strettamente giuridico, diversi sono i casi in cui elementi naturali, e quindi soggettività non umane, ricevono finalmente personalità giuridica: esempi chiave sono «la Nuova Zelanda, che riconosce il diritto alla personalità di un fiume, l’India [che] riconosce i diritti delle cascate e l’Ecuador [che] concede i diritti all’ambiente nel suo complesso».77Rosi Braidotti, Il Postumano. Saperi e Soggettività, DeriveApprodi, Roma, 2022.

Moon&Jeon, El Fin del Mundo, 2012.

Prassi artistiche postumane: arte e natura

La ricerca postumana è perfettamente allineata con la tendenza interdisciplinare delle ricerche contemporanee:“…La ricerca postumana è perfettamente allineata con la tendenza interdisciplinare delle ricerche contemporanee:” reti computazionali, biologie sintetiche, strette relazioni tra scienze umane e scienze neurali sono in costante sviluppo. In campo artistico sono sempre più frequenti le prassi che vedono artisti e curatori sperimentare e stringere rapporti collaborativi con scienziati e attivisti. Gilberto Esparza (1975), artista messicano legato alle cause sociali e geo-ambientali del proprio paese, ha realizzato tra il 2008 e il 2013 l’opera Plantas Nomadas. Si tratta di un organismo simbiotico composto da un sistema robotico, una pianta e un insieme di celle a combustibile microbiche e fotovoltaiche. Il ciclo metabolico dell’organismo creato da Esparza è in grado di riparare, su piccola scala, alcuni danni ecologici dell’ambiente circostante; quando incontra acqua contaminata, la aspira e la immagazzina in un gruppo di celle situate al suo interno, dove batteri e microorganismi autoctoni biodegradano i rifiuti organici e scompongono le sostanze tossiche. Il processo metabolico appena descritto genera elettricità, che, una volta raccolta, alimenta una serie di batterie. Plantas Nomadas sopravvive in ambienti acquatici contaminati, in particolar modo, da scarichi industriali e prodotti di scarto dei grandi centri urbani. Esparza, «grazie all’aiuto del Dr. Alejandro Rodriguez Angeles (esperto in elettronica meccanica) e il Dr. Carlos Godinez (esperto in sistemi di alimentazione e in celle a combustibile microbiche) ha testato per la prima volta il prototipo nelle acque del Rio Lerma»,88T.J. Demos, Decolonizing Nature. Contemporary Art and the Politics of Ecology, Sternberg Press, Berlin, 2016.
il secondo fiume più lungo del Messico conosciuto per essere il corso d’acqua con il tasso di inquinamento più alto dell’intero paese, scoprendo che la sua opera che intreccia arte, tecnologia e natura contribuisce, seppur in minima parte, al recupero delle acque fluviali. Diverse sono le opere che negli anni hanno affrontato il tema dell’estinzione della razza umana, presentando visioni di futuri distopici, spesso scaturiti da catastrofi eco-biologiche. Un esempio calzante è costituito dalla videoinstallazione El Fin del Mundo, del duo di artistə coreanə Moon Kyungwon e Jeon Joonho, presentata nel 2012 in occasione di dOCUMENTA (13).999 giugno 2012 – 16 settembre 2012.
L’installazione multimediale dimostra quali possano essere gli effetti negativi dell’ingegneria genetica e della biotecnologia, e come la relazione tra scienza, ecologia e capitalismo avanzato possa essere approfondita attraverso l’arte contemporanea. Con un’estetica che ricorda le teorie cyborg futuristiche di Donna Haraway,1010Donna J. Haraway, Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, 2018, Feltrinelli, Milano, 1995.
il film presenta un mondo che, in seguito a una catastrofe, vede la maggior parte delle terre sommerse dalle acque marine. I pochi sopravvissuti sul pianeta Terra svolgono compiti pericolosi in ambienti permeati da onde radioattive e rifiuti tossici, con lo scopo di ottenere la cittadinanza da una delle poche società ormai ancora presenti, senza però rendersi conto di essere loro stessi vere e proprie cavie su cui vengono testati gli effetti delle contaminazioni atmosferiche. L’opera, presentata su due schermi differenti, racconta le vicende di due personaggi distinti riflettendo sul ruolo odierno dell’arte contemporanea e su come questa possa essere il mezzo per riflettere sulle conseguenze ambientali delle logiche industriali sfrenate e sul futuro che si prospetta, se non verranno prese decisioni drastiche contro lo sfruttamento biocapitalistico. 

LuYang, Delusional Mandala, 2015.

Prassi artistiche postumane: la dimensione digitale dell’arte

Le scienze critiche postumane manifestano la necessità di un quadro più complesso che tracci chiaramente le connessioni tra diverse discipline e campi d’azione. Le digital humanities, a questo proposito, costituiscono uno degli sviluppi più prolifici: il soggetto che comprende non è più un singolo, ma un insieme complesso zoe/geo/tecnico, mediato dall’intelligenza artificiale. 

LuYang, artista di origine cinese, esplora le diverse possibilità di coesistenza tra mondo spirituale, fisico e digitale. Le sue animazioni, filtrate attraverso la sottocultura otaku (videogiochi, anime e manga giapponesi) e numerosi riferimenti all’iconologia religiosa, toccano tematiche universali, ponendo quesiti sul significato della vita e della morte, sul concetto di reincarnazione e sulla relazione che sussiste tra la dimensione corporea e quella digitale. Particolarmente significativa la visione della vita intrinsecamente connessa a tutti gli altri organismi ed elementi, prontamente riletta e posta in stretto dialogo con diverse culture, estetiche e tradizioni. LuYang crea infatti frenetici mondi virtuali dove a prevalere sono i colori al neon e un’inesauribile colonna sonora techno, animati da avatar fantastici colmi di riferimenti alla cultura pop, come videogiochi e fantascienza, principalmente sviluppati sul modello di Doku, ovvero la personalissima replica in chiave digitale dell’artista (frutto di una scansione 3D del volto stesso di Yang), o, come preferisce definirla lei stessa, la propria reincarnazione. Le opere dell’artista originaria di Shangai sono spesso volte all’abbattimento di quei preconcetti che sono frutto della cultura occidentale, sul corpo, la spiritualità e le prospettive future. In occasione della mostra personale Neti Neti, espressione sanscrita che letteralmente significa “né questo, né quello”, oltre a diverse installazioni immersive, Yang ha presentato DOKU – Binary conflicts invert illusions: animazione digitale in cui le rispettive personificazioni dei concetti di paradiso e inferno, muovendosi sincronicamente, si sfidano a colpi di passi di danza dando vita in conclusione a un terzo personaggio ibrido: il dio binario. La ricerca dell’artista insiste spesso sulla definizione di identità e sul rapporto che si instaura tra questa e il proprio corpo; durante una conversazione con Xin Wang, storico dell’arte e curatore, sostiene che non vi siano ragioni per cui «dovrei amare il corpo che non ho scelto per me. Se una mattina mi svegliassi nel corpo di un ragazzo carino, accetterei felicemente che questa sia la mia nuova realtà. Come fai a sapere se la coscienza copiata sei tu? Il vero te che puoi sperimentare questo mondo è morto; la copia è una nuova vita con una memoria di archiviazione».1212Conversazione redatta in occasione della pubblicazione del catalogo del padiglione cinese della 56° edizione della Biennale di Venezia.
LuYang ha sviluppato una tecnica multidisciplinare che affronta tematiche e interessi diametralmente opposti come la scienza, la religione e la cultura popolare, realizzando opere espresse sotto forma di animazioni, action figure di dimensioni naturali, videogiochi e molto altro ancora. Alimentate da colonne sonore pulsanti che ricordano i primi giochi arcade, le sue opere hanno visto la collaborazione di illustratori, artisti del suono e DJ. Il nucleo della sua produzione è il concetto di autodistruzione dell’esistenza reale dell’artista, una sorta di pratica spirituale di autotrascendenza, una riflessione sul concetto di materia e di vita.

Sougwen, Ecologies Of Becoming With, 2020.

Prassi artistiche postumane: arte e intelligenza artificiale

«Viviamo nell’epoca delle reti computazionali e della biologia sintetica, e anche l’arte testimonia l’evoluzione scientifica interdisciplinare».1313Andrea Balzola, Paolo Rosa, L’arte fuori di sé, Feltrinelli, Milano, 2011.

Sougwen Chung è un’artista di origine cinese e ricercatrice acclamata la cui prassi insiste sulle dinamiche di comprensione e scambio tra la figura umana e i sistemi. La macchina, intesa non più come semplice strumento di supporto, è in grado di completare una ricerca che l’essere umano da sé non riesce a portare a termine; infatti, per realizzare le sue performance, instaura un rapporto collaborativo con strumenti tecnologici, spesso realizzati sulla base di supporti meccanici che ricordano la forma di grandi braccia umane, e che vengono istruiti tramite algoritmi di intelligenza artificiale che garantiscono la casualità e l’incertezza del risultato finale. Ispirata dalle parole della ricercatrice Fei Fei Li, Chung ha realizzato Omnia Omnia, performance in stretto dialogo con 20 robot di piccole dimensioni che dipingono contemporaneamente una grande tela, riflettendo sulla natura speculativa di una composizione nata dalla condivisione gestuale. La ricerca alla base di questa performance si spinge oltre: Chung ha collezionato i materiali video di centinaia di telecamere pubbliche della città di New York, analizzando la densità, il dinamismo, la relativa velocità dei passanti e dei mezzi in strada, e istruendo in un secondo momento l’algoritmo di intelligenza artificiale con i flussi di movimento della popolazione urbana newyorkese; i piccoli esemplari di robot analizzano dunque i dati collezionati dall’artista e reinterpretano i flussi di movimento attraverso segni grafici tracciati sulla tela. Il risultato ottenuto dalla combinazione di macchine, visione umana ed elementi urbani è un’opera che reinterpreta il concetto di dipinto paesaggistico, restituendo la versione contemporanea di un genere artistico storico e dimostrando come l’interdisciplinarietà sia un aspetto imprescindibile del panorama artistico contemporaneo. 

Le posizioni spesso in contrasto di due grandi pensatrici come Donna Haraway – che predilige un approccio costruttivista postumano teso all’ibridazione tecnologica come modello di liberazione – e Vandana Shiva – impegnata dal punto di vista postcoloniale in favore di una giustizia che contrasti la politica di appropriazione delle risorse organiche da parte delle grandi multinazionali – trovano in conclusione un punto di contatto nelle teorie postumane di Braidotti, la quale sostiene un egalitarismo zoe-centrato, che supera il concetto di umano, abbracciando ogni forma di vita e non, e che la filosofa stessa definisce come «il nucleo della svolta postantropocentrica: una risposta concreta all’opportunistica mercificazione transpecie che è la logica del capitalismo avanzato e bipolitico».1414Rosi Braidotti, Il Postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveApprodi, Roma, 2014.
 

Zoe, ancora una volta, è una forza generativa in grado di trasformare in resistenza ogni forma di vita, umana e non: la resistenza postumana si concentra sulla concettualizzazione di forme alternative di soggettività e vita: «Ciò che è inesauribile è il nostro desiderio di continuare a vivere, contro ogni previsione».1515Rosi Braidotti, Il Postumano. Saperi e Soggettività, DeriveApprodi, Roma, 2022.

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Edoardo Durante
  • Edoardo Durante è un curatore particolarmente interessato alla video e alla digital art e alle pratiche artistiche che intrecciano scienza, arte e tecnologia. È laureato in Conservazione dei Beni Culturali e, dopo aver frequentato un anno negli Stati Uniti presso N.K.U, si è specializzato in Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Oltre ad aver curato diverse mostre in territorio nazionale e internazionale, collabora stabilmente con The Collector Magazine.
Bibliography

Andrea Balzola, Paolo Rosa, L’arte fuori di sé, Feltrinelli, Milano, 2011.

Rosi Braidotti, Il Postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveApprodi, Roma, 2014.

Rosi Braidotti, Il Postumano. Saperi e Soggettività, DeriveApprodi, Roma, 2022.

Fiona Cameron, Posthuman museum practices, in Rosi Braidotti, Maria Hlavajova (eds.), Posthuman Glossary, Bloomsbury Academic, London, 2018.

T.J. Demos, Decolonizing Nature. Contemporary Art and the Politics of Ecology, Sternberg Press, Berlin, 2016.

Donna J. Haraway, Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano, 1995.