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Il risveglio dei sensi e la conoscenza carnale dei clubber
Magazine, ANATOMIA – Part II - Dicembre 2020
Tempo di lettura: 16 min
Enrico Petrilli

Il risveglio dei sensi e la conoscenza carnale dei clubber

Verso una sociologia dal corpo.

Max Ernst, Castor and Pollution, 1923.

 

Presentiamo un estratto di Notti tossiche. Socialità, droghe e musica elettronica per resistere attraverso il piacere (Meltemi, 2020). L’autore partecipa al secondo numero di Anatomia con un contributo che descrive come propedeutico, perché vuole essere un aiuto per quei ricercatori e artisti che si trovano a lavorare sul corpo e attraverso di esso.


Il risveglio dei sensi e la conoscenza carnale dei clubber

La musica ti guida (Gaëlle, B09FYE)
[disegna] questa sono io con i miei vestiti carini, queste sono le mie piccole scarpe [ride]. Mi viene da disegnare qualcosa che esce fuori da me, dal mio corpo [ride], con i diversi ritmi che ti fanno muovere in qualche modo. Se all’improvviso è più veloce o c’è un suono diverso, ti fa muovere in modo diverso, ti provoca un altro movimento. Quando mi piace davvero la musica, come a quella festa, è come se fosse tutto naturale e la musica mi guida più di quello che penso.
All’interno del dibattito contemporaneo sull’agire performativo orientato al successo, la somato-politica è relegata in una posizione di second’ordine, considerato il limitato interesse di questi autori su come la società della prestazione plasmi i corpi dei nuovi soggetti imprenditoriali. Tra questi pensatori spicca il contributo di Han11Han, B-C. 2016. Psicopolitica: il neoliberalismo e le nuove tecniche del potere, Roma, Nottetempo, p. 25.
, il quale attraverso il concetto di psicopolitica ipotizza una modificazione radicale dei giochi di verità del sapere e delle relazioni di potere all’interno del neoliberismo: l’assoggettamento contemporaneo non avviene più attraverso il corpo come nel regime disciplinare, ma attraverso nuovi dispositivi quali “motivazione, progetto, emulazione, ottimizzazione e iniziativa”, puntando direttamente alla mente del soggetto.

Chicchi e Simone22Chicchi, F., & Simone, A. 2017. La società della prestazione, Roma, Ediesse, p. 157.
moderano questa posizione e segnalano come oggi sia necessario “re-immaginare il ‘sentire’ del corpo” per opporsi alle costanti richieste sociali di superare il proprio limite per essere più competitivi ed efficienti possibili. Per questi autori corpo e somato-politica sono istanze ancora rilevanti all’interno della complessa grammatica politica post-disciplinare. Dopotutto, come ci ha insegnato Preciado33Preciado, P.B. 2015. Testo tossico: sesso, droghe e biopolitiche nell’era farmacopornografica, Roma, Fandango.
con le sue analisi sui cambiamenti intercorsi nelle tecnologie del corpo (biotecnologia, chirurgia, endocrinologia, ingegneria genetica ecc.) e della rappresentazione (fotografia, cinema, televisione, internet, videogame ecc.), i processi di assoggettamento del regime post-disciplinare avvengono a livello molecolare e incorporato, attraverso dispositivi biomolecolari (farmaci, sostanze stupefacenti legali e illegali, tecnologie corporee) e semiotici (pornografia, testi accademici, fiction).

Per provare a delineare come il corpo si configuri nel regime post-disciplinare è utile fare riferimento al lavoro di Stoller44Stoller, P. 1997. Sensuous Scholarship, Philadelphia, University of Pennsylvania Press.
, autore di Sensuous Scholarship, una delle prime pubblicazioni accademiche a indirizzare l’interesse degli scienziati sociali verso sensorialità e conoscenza carnale. L’antropologo americano afferma la natura politica dei sensi, perché le capacità sensibili dei soggetti non sono innate e pre-culturali, ma il risultato di processi di controllo e disciplinamento sociale. Che si tratti della socializzazione sessuale definita in base ai saperi degli esperti in materia – come avvenuto in Svezia nel secondo dopoguerra55Frykman, J. 1994. On the Move: The Struggle for the Body in Sweden in the 1930’s, in C. N. Seremetakis (ed.), The Senses Still: Perception and Memory as Material Culture in Modernity, Boulder, Westview Press, pp. 63-87.
– o della manipolazione delle immagini durante un conflitto per veicolare certe reazioni da parte del pubblico – come avvenuto nella prima guerra del Golfo66Feldman, A. 1994. From Desert Storm to Rodney King via exYugoslavia: On Cultural Anaesthesia, in C. N. Seremetakis (ed.), The Senses Still: Perception and Memory as Material Culture in Modernity, Boulder, Westview Press, pp. 87-109.
– il risultato è sempre un processo di anestetizzazione sensoriale della popolazione. In entrambi i casi, sebbene con obiettivi e dispositivi differenti, si assiste alla limitazione del cosiddetto sensory order, vale a dire le modalità percettive, i criteri estetici, le norme sociali che organizzano i processi sensoriali e accomunano gli appartenenti a una specifica comunità. Nel caso svedese coincide con una normalizzazione delle condotte e delle esperienze sensoriali dei soggetti, mentre nel secondo corrisponde a una limitazione della capacità di rispondere agli stimoli e della volontà di mettere in atto processi di resistenza.

Da testa a fianchi, manomettere il proprio baricentro (Simone, B01MOO)
R: [quando balli] è un po’ come se il tuo baricentro si spostasse da qui [la testa] al tuo culo. Quindi poi ti inizia soltanto a interessare di muovere quello. È una questione di baricentri. È anche un po’ il principio della meditazione, no? Per certi versi, quando inizi a non concentrarti sul tuo corpo, ma a muovere il tuo corpo, è un modo per annullare il pensiero per certi versi.
L’autore prende spunto da questi due esempi per sviluppare una teoria più generale sull’anestetizzazione sensoriale all’interno della società dei consumi. Uno degli aspetti fondamentali di questo processo sociale è “la sanitizzazione dell’immagine del consumatore”77Stoller, cit., p. 82.
, vale a dire la banalizzazione di corpi trattati come semplici immagini, il cui unico elemento rilevante è la superficie visibile, a discapito della loro complessità sensibile fatta di sapori, odori, movimenti eccetera. Una posizione allineata a questioni centrali in un percorso di sociologia del clubbing, come la spettacolarizzazione della vita sociale e la testualizzazione del corpo. Riguardo al primo punto, per Debord88Debord, G. 2008. La società dello spettacolo, Milano, Baldini Castoldi Dalai, p. 53, corsivo dell’autore.
la nuova fase del capitalismo post-bellico è contraddistinta da “un’immensa accumulazione di spettacoli”, intesi non semplicemente come forme di intrattenimento, ma come rapporti sociali mediati attraverso le immagini, segni e beni di consumo. Spettacoli che alienano gli individui non solo dalla merce, ma dalla vita stessa99Plant, S. 1992. The most radical gesture: the Situationist International in a postmodern age, London-New York, Routledge.
. Allo stesso modo per autori postmoderni come Lash1010Lash, S. 1988. Discourse or figure? Postmodernism as a “regime of signification, «Theory, Culture & Society», 5, pp. 311-336.
e Featherstone1111Featherstone, M. 1994. Cultura del consumo e postmodernismo, Roma, SEAM, p. 99.
la nostra è una cultura visuale, al punto che l’esistenza postmoderna è definita dalla “estetizzazione della vita quotidiana” con la “trasformazione della realtà in immagini”.

Riguardo al secondo punto, con questa formula si fa riferimento a una concezione, adottata da numerosi sociologi, del corpo come testo, una superficie malleabile su cui sono iscritti significati sociali e applicati simboli individuali1212Crossley, N. 1994. Merleau-Ponty, the Elusive Body and Carnal Sociology, «Body & Society», 1, pp. 43-63.
. Un approccio capace solo di scalfire la superficie dell’esperienza sensibile dell’attore sociale perché definito da una “agenda che sostanzialmente subordina la materialità e sensualità del corpo ad altri fattori”1313Shilling, C. 2003. The body and social theory, London, Sa, p. 179, corsivo dell’autore.
. Una sociologia del clubbing deve adottare un frame opposto, ovvero una sociologia dal corpo che fa propri gli inviti, da un lato, della sociologia carnale a considerare il corpo come una “fonte di intelligenza sociale e di acume sociologico”1414Wacquant, L. 2005. Carnal connections: On embodiment, apprenticeship, and membership, «Qualitative Sociology», 28(4), p. 5.
e, dall’altro, del new materialism ad andare oltre il costruzionismo sociale dominante nelle scienze sociali, secondo cui la realtà è interpretata facendo riferimento solamente alla dimensione astratta e ideale dei discorsi e dei significati1515Fox, N., & Alldred, P. 2017. Sociology and the new materialism: theory, research, action, Los Angeles, Sage Publications.
.

“Il clubbing ha influenzato come sento il mio corpo”

L’unidirezionalità dell’MDMA (Maxime, B05MYO)
l’MDMA è molto più colorata [rispetto alla ketamina], ed è un po’ unidirezionale. [Sotto il suo effetto] esce fuori tutta la mia energia: parlo con molte persone, ballo molto e non riesco a concentrarmi o pensare a lungo. Corro in giro, faccio molte cose diverse allo stesso tempo, perdo interesse molto rapidamente […] ma in un modo molto divertente e felice. E amo tutti.
Nella sua opera su sensi e anestetizzazione sociale, è centrale l’interesse di Stoller nei confronti di quegli intellettuali e artisti che hanno problematizzato il rapporto tra sensorialità e società occidentale. Sono soprattutto due le figure (e relative modalità espressive) a ispirare l’antropologo: il teatro della Crudeltà del drammaturgo e saggista Antonin Artaud e l’ethnofiction dell’antropologo francese Jean Rouch. Due pensatori ante litteram accomunati dall’aver sfidato le aspettative di senso e sensoriali del pubblico, non lasciando possibilità di rimanere indifferenti. Lo spettatore è smosso dal distacco sensoriale e dall’intorpidimento intellettuale in cui si ritrova perché, contemporaneamente, sono sfidate le sue conoscenze pregresse ed è stimolato attraverso sensazioni ed emozioni inusuali. Ispirato da queste figure, Stoller propone qualcosa di simile alla “politica della sovraeccitazione” formulata da de Sutter1616de Sutter, L. 2018. Narcocapitalismo: la vita nell’era dell’anestesia, Verona, Ombre Corte, p. 101.
per opporsi al processo di anestetizzazione sociale, invitando gli scienziati sociali a rimettere i sensi al centro della propria esperienza di ricerca e a sfidare le aspettative di senso e sensoriali dei lettori.

Una sociologia del clubbing deve seguire l’invito di Stoller ai sensuous scholars, riducendo il meno possibile la complessità sensoriale ed emotiva del clubbing, affidandosi a una narrazione che non sia astratta e distaccata, ma lasciando spazio a come i clubber vivono (e raccontano) il proprio corpo in festa. In base a quanto raccontato dai partecipanti alla ricerca (ma anche dalla carica emotiva con cui lo hanno fatto) è possibile affermare che i piaceri elettronici costringono i clubber ad attuare quello che Stoller1717Stoller, cit., p. VII.
definisce “risveglio sensuale”, una (ri)scoperta delle sensazioni di cui il corpo può godere quando è investito da un interessamento nuovo da parte del soggetto, quando non è più un dato di fatto sullo sfondo dell’esperienza, ma acquisisce una posizione centrale. Una prominenza acquisita dal corpo in tutta la sua complessità sensoriale e materiale, grazie ai margini di possibilità concessi ai clubber per poter sperimentare ludicamente con esso, di cui Gaëlle (B09FYE) riconosce l’unicità: «Il clubbing ha influenzato come sento il mio corpo perché quando non ero lì, non lo consideravamo. Quindi era davvero l’unico momento in cui mi lasciavo spazio per sentire il mio corpo».

La ketamina è nebulare (Ettore, B10MOO)
R: Veramente la sensazione fisica della ketamina è nebulare, è una morbidezza fatta di tantissimi minuscoli punti, granulosa, dai grani finissimi.
D: Non ti colgo completamente, puoi spiegare meglio?
R: Stiamo fra il bianco e il rosa, come colori. Il colore di questa cosa è caldo e delicato. Ho veramente fatto delle associazioni molto semplici, è completamente priva di spigoli questa cosa. È una forma, per me, completamente organica, è una cosa viva, non è una scarica elettrica. […] Credo che sia un po’ come io percepisco il mio corpo sotto effetto di quella droga lì e in generale anche il modo in cui mi arriva la realtà circostante, che è chiaro e caldo, ma non caldissimo.
Il risveglio dei sensi nei clubber è possibile perché, alle strategie estetiche di Artaud e Rouch per impressionare lo spettatore e smuoverlo dal distacco sensoriale e dall’intorpidimento intellettuale, corrisponde nel clubbing un’iper-stimolazione multisensoriale prodotta dalla fitta rete di relazioni esistente tra attori umani e non-umani. Per quanto riguarda la multi-sensorialità, i piaceri del people watching non sono riconducibili alla sola vista, ma derivano da un’esperienza totalizzante, così come i piaceri del ballo interessano tutto il corpo, quando «la pelle è cosparsa di suono», luci e fumo “disorientano sensualmente”1818Malbon, B. 1999. Clubbing: Dancing, Ecstasy, Vitality, New York, Routledge, p. 97.
e la materialità del suono «è un assalto ai sensi». Queste esperienze sconvolgono le abitudini sensoriali degli individui, perché è sfidato apertamente l’ordine sensoriale al quale sono stati socializzati, arrivando a smascherare la ripartizione arbitraria dei cinque sensi1919Geurts, K.L. 2003 Culture and the senses: embodiment, identity, and well-being in an African community, Berkeley, University of California Press.
. Primo, rendono evidente come gli organi di senso non operino indipendentemente gli uni dagli altri, come quando vista e udito si sovrappongono sul dancefloor “trasformando lo spazio stesso in una sorta di immagine sonora in movimento”2020Frith, S. 1996. Performing Rites: On the Value of Popular Music, Cambridge, Harvard University Press, p. 156.
; secondo, dimostrano come anche altri sensi, socialmente considerati meno rilevanti, abbiano un ruolo centrale nel guidare le esperienze del soggetto, ad esempio la cinestesia (le sensazioni relative al movimento), la termocezione (le sensazioni relative alla temperatura percepita) e la cronicità (le sensazioni relative allo scorrere del tempo).

Per quanto riguarda, invece, l’iper-stimolazione, l’azione continua delle altre persone presenti come dei molteplici attori non-umani con cui i clubber si relazionano dal warm up fino al dancefloor – dagli alcolici bevuti di fretta prima di entrare alla potenza tellurica delle casse – rendono il clubbing uno spazio di eccitazione e carica psico-fisica permanente, in cui il desiderio di divertirsi va di pari passo a continue stimolazioni multidirezionali. Prendendo come riferimento la cinestesia, la termocezione e la cronicità appena citate, sulla pista da ballo questi tre sensi sono sconvolti perché i movimenti del corpo sono infinitamente più complessi e piacevoli di quelli ordinari, la temperatura percepita aumenta vertiginosamente e il tempo non scorre più sui binari abituati, ma è definito dai bassi della traccia selezionata dal dj, dall’effetto adrenalinico degli upper o da quello lenitivo dei downer.

Energie che ti sciolgono (Regina M12FYO)
Quando ballo uso un sacco le mani perché le sento molto diverse, più leggere a volte. Sentirmi sciolta, riesco ad abbassarmi, alzarmi, fluidamente, senza vergogna e senza nessun tipo di pippa. La cosa che amo è questa, spesso ti rendi conto che ti fai un sacco di pippe e poi non ci sono più. Fisicamente mi sento molto più free, molto più libera, potrei fare di tutto. [il disegno è] tutto tondo perché veramente sei tipo un’onda. È tutta energia che va a sciogliere tutte quelle tensioni che hai.
Questa iper-stimolazione multisensoriale è antitetica all’anestetizzazione sociale di Stoller come al diseccitamento prestazionale di de Sutter non solo per la centralità acquisita dagli elementi sensuali dell’esperienza, ma anche perché mette in moto un processo personale di riavvicinamento alla dimensione materiale e fisica dell’esistenza, attraverso quella che Elvira (M02FYE) chiama una “ricerca corporea”. Detto in altri termini, il risveglio sensuale è propedeutico a un processo di apprendimento specifico, definito “conoscenza carnale” da Vannini e colleghi2121Vannini, P., Waskul, D., & Gottschalk, S. 2012. The Senses in Self, Society, and Culture: a Sociology of the Senses, New York, Routledge, p. 33.
. Una modalità di produzione del sapere che non avviene attraverso modalità astratte e riflessioni razionali, ma è compiuta principalmente per mezzo delle proprie azioni e grazie alle sensazioni ed emozioni vissute; una conoscenza non limitata semplicemente all’esplorazione e all’apprezzamento delle capacità sensuali del corpo, ma con conseguenze più ampie, perché mette in campo significati2222Vale la pena ricordare a riguardo l’insegnamento dei sensuous scholars e dei sociologi carnali sull’ambivalenza del verbo to sense che racchiude in sé la dimensione percettiva (sentire, sensing) e quella simbolica (significare, sense-making), così come l’insegnamento foucaultiano sul piacere come sapere pratico e trasformativo derivato dell’esplorazione creativa del soggetto.
e materialità in grado di rimodellare l’immagine che gli individui hanno di se stessi (come degli altri). Così la stessa Elvira (M02FYE) grazie alla propria ricerca corporea modifica radicalmente come si vede, smettendola di definirsi/viversi come un “un tronco”; una mutazione che ha avuto importanti conseguenze su come sceglie di performare il suo genere sul dancefloor.

“R: [alle feste] la parte predominante la fanno le sensazioni fisiche, piano piano ho imparato a rendermene conto, notarle, accorgermi di esse, goderne, tantissimo, sentirle.” 

“D: prima non esistevano?” 

“R: prima sicuramente c’erano ma io non me ne accorgevo, erano deep inside. Adesso magari ho attivato dei recettori, quindi me ne rendo conto.” (Ale, M16MOE) 

Un apprendimento carnale, spiegano i clubber, iniziato e avvenuto lentamente, weekend dopo weekend, perché hanno dovuto imparare sia a muoversi in un ambiente così complesso e diverso rispetto alla quotidianità, sia a riconoscere le infinite sensazioni piacevoli che si possono provare mentre si è persi nella musica o si scherza drogati con i propri amici o, ancora, flirtando con qualcuno di attraente. Come i sommelier esercitano il palato per affinare il proprio gusto e per riconoscere le venature di sapore di un vino2323Vannini, P. et al. cit.
, così i clubber abbandonano se stessi in un apprendimento multisensoriale grazie al quale godono dei piaceri elettronici. Chiedendo ad Ale (M16MOE) di descrivere le nuove sensazioni e piaceri che ha scoperto sulla pista e negli altri ambienti delle discoteche, il clubber lombardo afferma di non poter rispondere alla domanda, di non essere in grado di rendere a parole quei momenti, e nota come “il piacere sta proprio nel fatto che quella cosa non l’hai mai sentita [prima], non è definibile”.

Divenire pokemon (Tommy, M05MYO)
[il piacere di ballare in gruppo] me lo immagino quasi più come due fisicità che quasi si squagliano insieme, si fondessero insieme. Tu hai presente Muk? È un pokemon, se sapessi disegnare lo rappresenterei tipo così, questa versione colorata, queste due cose che si attaccano, due melme, un fango, un agglomerato di melma. Perché sei un po’ così quando sei in botta, sei proprio sciolto. Una roba per cui condividi anche gli stessi fluidi corporei, ti sciogli quasi in una pozza comune. Proprio una roba aliena.
Le avventure somatiche e le conoscenze sviluppate dai clubber possono essere messe in comunicazione con il processo di scoperta del piacere clitorideo nelle donne. Sebbene oggigiorno non sia più operante “l’interdizione all’autoerotismo [che] ha colpito la donna”2424Lonzi, C. 1971. La donna clitoridea e la donna vaginale, Milano, Scritti di Rivolta Femminile, p. 113.
, il rapporto con l’unico organo esclusivamente dedicato al piacere degli esseri umani non è meno complesso e conflittuale. Vannini e colleghi parlano di un “purgatorio simbolico”2525Vannini, P. et al. cit., p. 36.
per rendere esplicito come il tema dell’orgasmo femminile sia ancora oggetto di tabù sociali che limitano la circolazione dei saperi e, di conseguenza, la scoperta di questo piacere è per molte donne prima di tutto un’esperienza fisica che linguistica. La clitoride è quindi un punto non definito del proprio corpo, piuttosto che una nozione anatomica, è una parte di sé da scoprire grazie a “esplorazioni somatiche clandestine”2626Vannini, P. et al. cit., p. 24.
. In maniera simile, all’eccitazione clitoridea femminile corrisponde l’eccitazione elettronica dei clubber, perché anche loro si lasciano andare in avventure somatiche, grazie alle quali vivono sensazioni del tutto nuove e imparano a godere di piaceri che potremmo definire “senza nome” perché non esiste un vocabolario o una conoscenza sociale condivisa su di essi.

Una sensazione di completezza (Matteo, B01MOO)
Questo è il mondo, è un’espressione che si usa, è una parola che si usa anche nelle espressioni del parlato per indicare completezza, mi son divertito un mondo. Per cui, la mia sensazione è questa, di completezza, di avere tutto funzionante in quei momenti. Ho funzionante il cervello in maniere inedite. Tra l’altro, non è come con l’alcol. Non so, penso alle allucinazioni, minchia è fighissimo! Cioè stai portando il tuo cervello in campi diversi, in campi nuovi, lo stai facendo lavorare in maniera diversa, però poi son robe che ti restano.

Un caso esemplare sono i piaceri stupefacenti appresi attraverso il principio di autocavia e sperimentati nell’unico spazio pubblico dove poter godere assieme ad amici e sconosciuti di esperienze estromesse dall’orizzonte sensoriale occidentale. Sarebbe tuttavia limitante fermarsi alle droghe, il discorso può essere facilmente esteso anche ad altri aspetti più semplici e banali, dato che i clubber affermano di aver scoperto nuovi modi per relazionarsi e godere di parti del corpo o movimenti del tutto ordinari. Un riferimento ricorrente sono le mani, per Angela (M10FYO) sono dei recettori, perché quando le alza in aria sente il suono della musica, mentre Regina (M12FYO) le percepisce più leggere e da muovere liberamente. Damian (B11MOE), invece, le dirige in base alla musica e alle sostanze assunte, per incrementare esponenzialmente i piaceri della danza: movimenti affilati e mani chiuse o tese con anfetamine e techno, movimenti rilassati e ondulati con mani distese con ketamina e house. Infine, un ultimo esempio sulle rivelazioni carnali del clubbing lo fornisce Marco (M13MOO), il quale rende esplicita la sorpresa e la gioia di scoprire una nuova parte di sé, fino ad allora pressoché inesistente:

“[…] scopri che piacciono anche a te delle cose che non avevi pensato, io fino a dieci anni fa non sapevo neanche di avere i capezzoli. Un giorno ero andato a una festa, uno si è pigliato bene e ha cominciato a toccarmi i capezzoli e [da allora] mi piace un casino quando mi toccano i capezzoli. È una roba che non avevo mai calcolato in vita mia, quelli degli altri sì, ma non i miei. O i fianchi e le gambe, ti siedi a un tavolino e ti toccano le gambe…”.

E. Petrilli, Notti tossiche. Socialità, droghe e musica elettronica per resistere attraverso il piacere, Meltemi, Roma, 2020.

Nella citazione di Marco fa capolino un altro clubber, mentore delle occultate potenzialità edoniche dei capezzoli. Sebbene fino a questo punto ci si è concentrati principalmente sulle esperienze del soggetto, non deve essere sottostimata la dimensione intersoggettiva, centrale nel clubbing, dalle dinamiche davanti all’ingresso agli spazi di socialità, durante lo “scambio di energie” tra clubber sulla pista da ballo o nel rituale di assunzione delle sostanze nei cessi del locale. Pertanto, è lecito evidenziare il valore degli altri (umani) nel processo di conoscenza carnale: osservare come si comportano e provare a imitarli mentre si balla, ci si droga o si è rilassati sui divanetti è il mezzo principale attraverso cui i clubber imparano a muoversi a un evento di musica elettronica. Un processo possibile grazie alla “facoltà mimetica” concettualizzata da Michael Taussig2727Taussig, M. 2017. Mimesis and alterity: A particular history of the senses, New York. Routledge.
, ossia la capacità di apprendere dall’altro una conoscenza non scritta, impiegando come strumenti l’osservazione e l’imitazione. Un meccanismo rilevante per la club culture, perché i clubber con cui si balla, weekend dopo weekend, lasciano qualcosa che va oltre quanto espresso dalle parole, una sorta di imprinting di cui Ettore (B10MOO) è diventato conscio nel corso degli anni:

“Mi è capitato molto di notare recentemente, ballando2828Interessante notare il meta-livello di questa affermazione. Ettore diventa consapevole di questa mimesi carnale non pensandoci astrattamente, ma compiendo quelle stesse azioni.
, come spesso mi vengano in mente delle persone e mi ritrovi a ballare come loro, come se per qualche istante prendessi in prestito alcuni dei gesti che mi hanno colpito. […] Un mio amico francese che non vedo da moltissimi anni [ride] con il quale sono andato a ballare molto, tanti anni fa e lui aveva il suo gesto abituale che definiva ‘la pallacanestro’ che faceva questo movimento con la mano e mi viene [da farlo ogni tanto]. Per un attimo è come se ristabilisse il contatto con quella persona, c’è quindi tipo un segnale che le persone ti lasciano, un segno”.

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di Enrico Petrilli
  • Enrico Petrilli è un assegnista di ricerca presso l’Università di Milano Bicocca dove sta svolgendo uno studio sulla securitizzazione della notte. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Sociologia applicata e metodologia della ricerca sociale presso la stessa università con un’etnografia dei piaceri nei club di musica elettronica, tra Milano e Berlino. Ha svolto attività di ricerca, tutoraggio e insegnamento nelle università di Torino, di Milano-Bicocca, del Piemonte Orientale e presso l’Istituto Eclectica di Torino. I suoi interessi di ricerca intrecciano molteplici campi come alcol e altre droghe, notte e club culture, metodi qualitativi e piacere. Ha scritto di clubbing, droghe, piaceri e rinascimento escrementale su Zero, Prismo, Not, Che-fare, Il Tascabile e DinamoPress. È da poco stata pubblicata la sua prima monografia, “Notti tossiche. Socialità, droghe e musica elettronica per resistere attraverso il piacere”, per Meltemi Editore, mentre è in corso di pubblicazione il volume curato con Cirus Rinaldi, “Sociologia del male e altri scritti”, una raccolta di saggi di Edwin Lemert per PM edizioni.
Bibliography

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