Sougwen Chung, Assembly Lines, 2022.
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Il Numogramma Decimale

H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

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Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

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Dinosauri riportati in vita, nanorobot in grado di ripristinare interi ecosistemi, esseri umani geneticamente potenziati. Ma anche intelligenze artificiali ispirate alle piante, sofisticati sistemi di tracciamento dati e tecnologie transessuali. Questi sono solo alcuni dei numerosi esempi dell’inarrestabile avanzata tecnologica che ha trasformato radicalmente le nostre società e il...

La Mia Morte
Magazine, AUTOCOSCIENZA - Parte I - Gennaio 2024
Tempo di lettura: 7 min
Alice Minervini

La Mia Morte

Un racconto polifonico degli ultimi istanti di vita di Pier Paolo Pasolini.

Deborah Feingold, Ritratto di Kathy Acke nel suo appartamento a New York, 1984.

Kathy Acker sfugge alle definizioni: scrittrice post-punk, icona mondana, sex worker, bodybuilder, ha scritto una serie di romanzi, poesie, novelle sperimentali tra gli anni ’70 e ’90. Al limite tra autofiction femminista e plagio deliberato, la sua poetica cerca di decostruire ogni ideale di autorialità consolidata, sovrapponendo voci e personaggi nella linearità narrativa e disegni caleidoscopici. Intrinsecamente femminista, i suoi scritti celano la trasgressione sessuale e di vita che la animava, anticipando molte prospettive oggi definite “queer”. La scrittura in Acker diventa una pratica magica, di introspezione e finzione, erotica e postmoderna, multisensoriale e transdisciplinare, una mappa di sogni che può alterare la realtà.

Così, nel racconto La Mia Morte, qui tradotto da Alice

Minervini, Acker parla dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini assumendo il suo punto di vista. Mescolando le voci dei passanti, dei suoi conoscenti e amanti, il racconto ricostruisce la vita dell’uomo e del personaggio pubblico attraverso diverse prospettive del suo omicidio. Una potente denuncia all’apatia e all’inconcludenza delle indagini di fronte alla sua morte, pubblica e privata, ma soprattutto di fronte alla morte degli ideali che incarnava. Morte prematura che tragicamente li accomuna e, ciononostante, non diminuisce la resistenza della loro opera e delle loro vite. My Death, La Mia Morte, è una potente testimonianza dei conflitti e dell’amore incondizionato di Pier Paolo Pasolini e, al contempo, una celebrazione della sua vita e della sua eredità.


Jo Mazelis, Kathy Acker Crying, 1987.

Ho forse chiesto di morire? Il mio omicidio è stato un suicidio su commissione? 

Nel 1973 ho scritto: «Fino agli anni ’70 vivevamo nel mondo antico, ma quel mondo in cui la vita quotidiana, il pensare e l’amarsi esistevano ancora è stato spazzato via: dall’età dell’innocenza siamo passati all’età della corruzione». 

La scena: un controllo sempre più manifesto del materialismo delle multinazionali in Italia si esprime nell’ascesa del terrorismo (strategia dei media di destra ed espressione dell’inabilità del popolo di agire politicamente) e nel processo di americanizzazione, l’omologazione degli stili di vita e delle identità… 

Il primo novembre 1975 lasciai la mia casa dopo pranzo. Come al solito presi la Giulia GT. Quella sera dovevo cenare con Ninetto. Mangiammo all’osteria Pommidoro, nel Tiburtino. 

Lasciai Ninetto, che certamente non mi voleva scopare, e andai nel mio quartiere preferito, vicino Piazza dei Cinquecento. Un giovane che sembrava squattrinato si piazzò di fronte alla mia macchina. Mi fermai, scesi dalla macchina e approcciai il ragazzo. Sembrava ok. Era interessato. Salì in macchina. Lo portai in un campo da calcio deserto vicino all’Idroscalo. C’era solo una casa nei dintorni e ancora in costruzione. I poveri non vivono mai nelle case. Avremmo scopato lì. Lasciai forse la mia macchina come se volessi abusare (sessualmente) del ragazzo? 

Fabio Mauri, Intellettuale, 1975.

Testimoni: molti delinquenti hanno attaccato Pier negli ultimi anni. È diventato molto cauto. Adesso non scenderebbe mai dalla sua macchina di fronte a dei giovani malviventi. L’abbiamo visto rimanere in macchina. Ad alcuni giovani scommettitori ha detto che stava aspettando un amico. Hanno provato a toccarlo. Lui, sospetto, alzò il finestrino. Chiuse velocemente le porte con la sicura. No, Pier era davvero cauto. 

Un ragazzo, Seminara, entrò nel bar e disse a Pelosi di provarci con Pier. Pasolini andò con Pelosi senza mostrare alcun sospetto. Perché? 

Ci siamo fermati alla trattoria Biondo Tevere in via Ostiense, dove il ragazzo divorò un piatto di spaghetti all’olio. Dopo ci siamo fermati di nuovo al distributore per fare il pieno. Una macchina targata Catania ci stava seguendo. Il ragazzo sapeva che i quattro uomini in auto si guadagnavano da vivere rapinando giovani giocatori d’azzardo dopo che avevano ottenuto le loro vincite. Raggiungemmo il campo da calcio. Fermai la macchina. Aprii i pantaloni del ragazzo e infilai la mia faccia sul suo giovane cazzo. 

Ronni Winkler, Kathy Acker, 2023.

Il ragazzo: prese il mio cazzo in bocca, ma solo per un momento e non mi fece venire. Mi ha spinto fuori dalla macchina. Ha trascinato il mio corpo contro la macchina con il mio culo in bella vista. Poi mi ha tirato giù i pantaloni, ma io non volevo. Incazzato perché non poteva penetrarmi, ha provato a infilarmi un cazzo di legno nel buco del culo. Mi voleva uccidere. 

Ho detto, «Tu sei pazzo, figlio di puttana! Me ne vado!». Ha lasciato i suoi occhiali in macchina. La sua faccia nuda sembrava pazza, mi spaventò. Scappai. Mi rincorse; non mi avrebbe lasciato andare così. Tu sei pazzo. Mi si è buttato addosso. Lo colpii con un bastone. Una mano afferrò il bastone e lo buttò via. 

La violenza prese il posto del sesso. Scappai via, strisciando, cominciai a correre nella notte, lui mi afferrò dal lembo della camicia. Mi saltò addosso, picchiandomi. Colpii la sua testa con qualcosa. Gli tirai un calcio nelle palle. Erano morbide. Non urlò. Nessuna reazione. Continuò a picchiarmi. Lo malmenai più che potevo, più forte che potevo. Stavo bene e al contempo avevo paura. 

Saltai nella sua macchina, le chiavi erano ancora nel cruscotto, e partii. Tutto il tempo svanì. (Non ricordo se investii il suo corpo o no). So solo che subito dopo ero in piedi in una fontana lavando via il sangue dalle mie mani e dai miei pantaloni. Non c’era nessun altro con me quella notte. 

Il giorno dopo, quando mi arrestarono, chiesi di avere le mie Marlboro e l’accendino, ma non erano più in macchina. Al loro posto c’era uno squallido maglione verde che non apparteneva né al vecchio fr*cio né a me. 

Il ragazzo era voglioso di fare qualsiasi cosa volessi a letto. Gli tolsi la camicia perché non volevo toccarla. Aveva una schiena stupenda. Quel modo in cui i muscoli sono tesi quando c’è stata troppa fame e non abbastanza carne. Proprio quando la punta del cazzo stava per toccare quelle piccole palle tese, tese e dure come i suoi occhi perché la povertà li aveva ridotti così, qualcosa mi colpì alla testa. 

All’inizio non realizzai che cosa stava accadendo perché ero troppo immerso nel mio desiderio. Del sangue scese sulle mie sopracciglia. Cosa cazzo…? Realizzai che stava succedendo qualcosa. Reagii. 

Mi colpirono la testa più forte che potevano con un bastone e alcune armi sconosciute. Del sangue cadde su tutto il viso. Il sangue sgorgava. Mi trattennero fermo. Una persona mi colpì le palle. Il calcio mi aprì come un buco nel basso addome. La mano che mi tirava la testa strappò i capelli che stava tenendo. 

Pier svenne. Il suo corpo sprofondò a terra. Uno di loro, alla guida della Giulia 2000, passò sopra il suo corpo e lo uccise. Le prove mostrano che uno o più uomini – Pelosi o in combutta con Pelosi – mi finirono. Perché mi finirono? Se scoprissi il motivo per cui mi uccisero, potrei risalire all’identità di quello o quegli squallidi. 

Jo Mazelis, Kathy Acker, 1980. Pasolini in New York, 1966.

Prima domanda: è stato un omicidio politico o solo uno scadente assassinio di strada? Potrebbe essere soltanto un omicidio di strada, qualcosa di stupido e avventato, che portò via la mia vita: malgrado quello che ti hanno insegnato i tuoi genitori quando eri un bambino, non c’è alcuna ragione per cui le nostre vite vadano in una certa maniera. Per quanto ti riguarda non c’è nessun motivo per cui ti capiti qualcosa di buono. La giustizia è una fissazione dei nostri leader. Non c’è nessuna ragione per te o per altri di avere qualsiasi aspettativa. Parlo anche a voi, fottuti moralisti. 

Un altro indizio. Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, il giudice in Appello, il 12/4/1976 affermò ufficialmente che Pelosi mi uccise in autonomia. Il suo verdetto in seguito affermò che Pelosi stava mentendo in tribunale quando giurò che provai a stuprarlo, che Pelosi in realtà voleva scopare e che non c’era modo di sapere perché Pelosi mi uccise. Perché la Corte d’Appello ignorò le prove evidenti che fu più di una persona a massacrarmi? 

Avevo appena finito di girare Salò. In Salò il desiderio sessuale maschile, in particolare omosessuale e sadico, è suscitato allo stesso tempo sia nel film che nel pubblico, mostrando i forti legami tra questi desideri e il fascismo. Poiché lo stato è oggi fascista, è completamente razionale che il desiderio sessuale venga separato dalla cura.

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di Alice Minervini
  • Alice Minervini aka pakkiana è un’artista e scrittricə che vive tra Londra e l’Italia. La sua pratica si sviluppa come una serie di collaborazioni che esplorano le intersezioni tra autofiction, nuove tecnologie ed erotismo per immaginare futuri queer.