Donald Judd – Untitled – 1972 – Courtesy Tate (London).
KABUL magazine presenta la seconda e ultima parte di Specific Objects, testo-chiave della Minimal Art scritto da Donald Judd, pubblicato nel 1965 sull’ottavo numero di «ArtsYearBook» e mai tradotto prima in italiano.
In questa seconda parte, Judd discute dei lavori dei suoi colleghi Bontecou, Brecht, Chamberlain, Flavin, Klein, Kusama, Morris, Newman, Stella, soffermandosi particolarmente sull’opera di Oldenburg.
La traduzione è realizzata da Beatrice Biggio, in collaborazione con lo scrittore e poeta Claudio Salvi, le cui note al testo, in chiusura, suggeriscono al lettore una possibile chiave interpretativa. Le note assumono la forma del frammento, hanno una lunghezza di poche righe e non sono troppo dissimili dalla forma usata da Salvi in poesia. Attraverso esse, l’autore intende suscitare nella mente del lettore una serie di quesiti, per mettere in crisi la certezza con cui Judd definisce gli «specific objects» e rimarcare l’importanza di riflettere sul rapporto, innescato nel processo creativo, tra oggetto fisico e oggetto mentale.
Di seguito, il testo di Judd, a cui seguono immediatamente le note di Salvi.
Per recuperare la prima parte di Specific Objects clicca qui.
Pittura e scultura sono diventate forme d’arte istituzionali. Gran parte del loro significato non è credibile. L’utilizzo di tre dimensioni non è l’utilizzo di una forma data. Non c’è stato abbastanza tempo né è stato fatto abbastanza perché se ne possano già vedere i limiti. Finora, se considerate in un senso molto ampio, le tre dimensioni sono perlopiù uno spazio da conquistare. Le caratteristiche del lavoro sulle tre dimensioni sono ancora legate a un numero di opere molto ristretto, troppo poche rispetto a quelle prodotte in pittura e scultura. Alcuni degli aspetti più generali potranno persistere, per esempio l’oggettività o la specificità, ma altre caratteristiche sono destinate a svilupparsi in futuro. Data l’enorme gamma possibile di declinazioni, la tridimensionalità si evolverà probabilmente in un certo numero di forme diverse. A ogni modo, la sua diffusione sarà certamente maggiore rispetto alla pittura e ancor più rispetto alla scultura che, a differenza della pittura, è abbastanza particolare, molto più vicina a quella che chiamiamo una forma, essendo la scultura già dotata di forma. Dato che la natura della tridimensionalità non è stabilita o data in precedenza, si può realizzare quasi sempre qualcosa di credibile. Naturalmente questo può accadere anche all’interno di una forma data, come nel caso della pittura, ma in modo limitato e con meno forza e possibilità di variazioni. Nel caso della scultura, non essendo questa una forma così generica, è probabile che resti uguale a se stessa – il che significa che se dovessero intervenire grandi cambiamenti diventerebbe semplicemente qualcos’altro, ovvero si estinguerebbe.
Tre dimensioni sono uno spazio reale. Bisogna sbarazzarsi del problema dell’illusionismo e dello spazio letterale, spazio dentro e attorno ai segni e ai colori, il che significa liberarsi di una delle reliquie più rilevanti e insieme più criticabili dell’arte europea. I molti limiti della pittura non sono più presenti. Un’opera d’arte può essere potente tanto quanto si può immaginare che lo sia. Lo spazio effettivo è intrinsecamente più potente e specifico del colore su una superficie piatta. Ovviamente, qualsiasi opera in tre dimensioni può avere qualsiasi forma, regolare o irregolare, e qualsiasi relazione con la parete, il pavimento, il soffitto, la stanza o le stanze, l’esterno o con niente del tutto. Qualsiasi materiale può essere usato, così com’è o dipinto.

Un’opera deve soltanto essere interessante. La maggior parte delle opere acquisisce alla fine una qualità unitaria. In opere d’arte precedenti, la complessità veniva mostrata e in questo modo costruiva la qualità. In opere di pittura più recenti la complessità sta nel formato e nelle poche figure principali, realizzate a partire da vari interessi e problemi. Un quadro di Newman non è in fondo meno complesso di uno di Cézanne. Nell’ambito tridimensionale, tutta l’opera viene realizzata secondo scopi complessi, e questi non sono sparpagliati ma riaffermati da una sola forma. Non è necessario siano presenti molti elementi da guardare, da paragonare, da analizza