Christoper Locke, Heartless Machine, http://www.heartlessmachine.com/modern-fossils.
Speculum! è un progetto di divulgazione filosofica a cura di: Alessandro Y. Longo, Marco Mattei, Vincenzo Grasso. Nel 2020 Speculum è andato in onda su Decamerette. Nel 2021 nasce “Filosofia dal Futuro”, una newsletter che indaga le intersezioni tra filosofia e Futuro.
Puoi iscriverti alla newsletter di Speculum! a questo link: https://speculum.substack.com/subscribe
Di seguito pubblichiamo un articolo di Alessandro Y. Longo apparso nel n.6 della newsletter.

È necessaria un’intera civiltà per costruire un iPhone. Il design e il progetto vengono dalla assolata California, il chip audio viene dal Texas e lo schermo da un’azienda del Kentucky, che tuttavia produce in Giappone e a Taiwan. I materiali che creano i campi magnetici, le terre rare, vengono dalle miniere della Mongolia. I 5-10 grammi di cobalto necessari provengono invece probabilmente dalle miniere del Congo, all’estremo sud dell’Africa, estratto a mano usando di frequente manodopera minorile. Ingegneri coreani lavorano ai microchip usati da Apple e alle funzionalità touch dello schermo, mentre un’azienda franco-italiana in Svizzera lavora sul giroscopio, il sensore di movimento del dispositivo. Tutte queste componenti vengono messe insieme efficientemente nelle fabbriche in Cina, come quella della Foxconn, dove i lavoratori e le lavoratrici dormono dentro gli stabilimenti.
Un qualsiasi dispositivo tecnologico contemporaneo – con i dovuti distinguo – concentra su di sé queste differenze geografiche. Come l’idea di piega sviluppata da Deleuze, un dispositivo raccoglie i reami del microscopico e del macroscopico, dalla conoscenza degli ingegneri coreani alla stratificazione dei minerali nel sottosuolo. Questo dominio complesso di relazioni viene concretizzato in un artefatto digitale: catene di approvvigionamento globali sono necessarie per farci giocare a Candy Crush sull’autobus. Vecchia lezione della storia militare: più le catene di approvvigionamento diventano lunghe, più divengono fragili.
E se questa fragilità diventasse insostenibile? In un mondo in cui, tra ottant’anni, le estati dureranno circa sei mesi, uno scenario del genere potrebbe non essere così distante, seppure si tratti sicuramente di una prospettiva catastrofica o collassista. Secondo le ipotesi più ottimistiche, le temperature del pianeta aumenteranno di almeno 2°C. In una situazione del genere, non è difficile immaginare il caos politico che ne seguirà e gli sconvolgimenti che avverranno in tutto il mondo. Inoltre, dato il recente “scandalo” sul consumo energetico della tecnologia NFT, un simile esercizio di immaginazione può rivelarsi utile per comprendere l’impatto ambientale dei dispositivi e delle tecnologie che utilizziamo.

Non si tratta di un esercizio di immaginazione particolarmente estremo, dal momento che eventi del genere hanno già avuto luogo in varie parti del mondo. Nel settembre 2017, quando l’uragano Maria ha colpito Porto Rico, le infrastrutture energetiche e delle telecomunicazioni sono state profondamente danneggiate. L’uragano ha abbattuto 1.360 delle 1.600 torri per le comunicazioni di Porto Rico e l’85% dei cavi telefonici e Internet in superficie, secondo i dati di NOVA: un collasso quasi totale del sistema ICT della piccola isola. Il crollo delle comunicazioni, l’impossibilità di comunicare tramite i sofisticati dispositivi che abbiamo creato ha moltiplicato il peso del disastro ambientale. Ancora, lo scorso febbraio, quando una tempesta di neve e un’ondata di gelo hanno bloccato il Texas, la rete elettrica dello Stato americano ha completamente fallito nel suo scopo. Le temperature hanno portato la domanda di elettricità a un nuovo record invernale che ha persino superato lo scenario di domanda “estrema” che era stato previsto. Decine di centrali