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La Los Angeles di Arturo
Magazine, LOCUS - Part II - Maggio 2021
Tempo di lettura: 13 min
Anna Barattin

La Los Angeles di Arturo

Spazi reali e spazi immaginari nel romanzo “Chiedi alla Polvere” di John Fante.

Artwork by Federico Zoppei.

 

Abstract

L’articolo considera le elaborazioni spaziali di Los Angeles nel romanzo Chiedi alla Polvere, pubblicato da John Fante nel 1939. Facendo riferimento alle teorie del geografo americano Edward Soja riguardanti il “terzo spazio”, si dimostra come la storia, le relazioni sociali e il contesto urbano influenzino la dimensione spaziale della narrazione. Insieme, queste tre dimensioni creano un terzo spazio che fonde elementi del mondo vissuto con quelli dell’immaginazione, formando una realtà propria. Questo studio presenta una prospettiva storica incentrata sulla spazialità della città nota al protagonista, Arturo Bandini, per poi soffermarsi su questioni legate alla percezione etnica. Arturo costruisce una propria dimensione narrativa per stabilire il suo ruolo di scrittore e lasciarsi le sue connotazioni etniche alle spalle.


Nathan Marshak, Frank Walker House in 1944, Bunker Hill Los Angeles: Essence of Sunshine and Noir, Angel City Press, 2020.

La città di Los Angeles è stata fondamentale nel definire il concetto di spazialità e le conseguenti applicazioni teoriche di tale concetto nelle discipline umanistiche degli ultimi trent’anni. Il filosofo Fredric Jameson contestualizzò l’iperspazio postmoderno in questa metropoli,11Fredric Jameson, Postmodernism: or, the Cultural Logic of Late Capitalism, Verso, 2019.
mentre Edward Soja, geografo e urbanista, definì la città come la capitale del ventesimo secolo, affermazione che si poneva in dialogo con la celebre idea di Walter Benjamin che vedeva in Parigi la capitale del diciannovesimo.22Edward W. Soja, My Los Angeles: From Urban Restructuring to Regional Urbanization, University of California, 2014, p 59.
Per il teorico urbano Mike Davis, Los Angeles è come Giano Bifronte, un luogo di duplicità: una città e un’anticittà, in cui il sublime e il terribile si fondono.33Mike Davis, City of Quartz: Excavating the Future in Los Angeles, Verso, 2018.
Los Angeles si è prestata a un gran numero di interpretazioni anche per la sua crescita esponenziale, sia in termini di popolazione che di superficie occupata – per questa ragione Soja la definisce exopolis, città caratterizzata da un’espansione verso l’esterno, trasformazione che continua a ridefinire i confini e i margini urbani.44Cf. Soja, cit.
  Un’altra ragione per cui Los Angeles è stata sottoposta a questo tipo di analisi è collegata all’idea di immaginazione. Nella capitale dell’industria cinematografica, il dialogo tra spazio reale e spazio immaginato non potrebbe essere più pertinente.

Come afferma il critico letterario Robert T. Tally, «la geografia letteraria non può sempre venire interpretata come la registrazione di spazi “reali” in un contesto “immaginato’’».55Robert T. Tally, Spatiality, Routledge, Abingdon-on-Thames, 2013, p. 8.
In termini teorici, il geografo Yi-Fu Tuan spiega come la concettualizzazione spaziale umana sia spesso data per scontata e come la consapevolezza spaziale non sia intrinseca all’esperienza umana: il concetto di spazio è infatti acquisito e, una volta imparato, è soggetto all’interpretazione.66Yi-Fu Tuan, Space and Place, University of Minnesota, Minneapolis, 1979.

L’immaginazione ha un ruolo importante nella definizione dello spazio. È sotto questa prospettiva che le narrazioni che contestualizzano la città di Los Angeles assumono una rilevanza particolare, evidenziando la coesistenza di spazi differenti, tangibili e immaginati. Soja definisce la tensione tra tangibile e intangibile come terzo spazio: una combinazione che rappresenta ciò che è nascosto, personale e immaginato.

Chiedi alla Polvere offre interessanti spunti di riflessione nell’interpretazione dello spazio urbano di Los Angeles che finora non sono stati considerati nella critica di Fante. La riflessione spaziale qui offerta si concentra sulla cognizione spaziale di Arturo Bandini, il protagonista del romanzo, e sul piano spaziale della narrazione. Le proiezioni di Arturo sono il risultato della sua posizione all’interno della città e del suo rapporto con la propria identità etnica.

Nathan Marshak, Angels Flight in 1949, Bunker Hill Los Angeles: Essence of Sunshine and Noir, Angel City Press, 2020.

La posizione del protagonista e la sua comprensione dello spazio urbano si riflettono nella descrizione di Los Angeles e della natura circostante. Nello specifico, Arturo si inserisce nel cuore della città, nel tentativo di emergere da una posizione di invisibilità. I margini di Los Angeles sono invece fatti coincidere con Camilla Lopez, cameriera di origini messicane. Questa scelta, con forti implicazioni razziali, in Chiedi alla Polvere non presenta una chiara risoluzione, soprattutto considerando che la donna scompare nel deserto, venendo così cancellata dalla narrazione. Sotto questo punto di vista, la dicotomia tra centro e margini assume un ruolo fondamentale, invitando il lettore a porsi domande sulla visibilità in relazione alla posizione nello spazio.

Nell’analisi spaziale del romanzo, le strade emergono come un significativo mezzo tramite cui Fante sviluppa la struttura narrativa, evidenzia la crescita del protagonista, e allo stesso tempo sottolinea la trasformazione della città stessa. All’inizio del romanzo, Los Angeles si presenta in una dimensione pedonale, legata al centro di Bunker Hill; e lentamente, nella seconda parte della narrazione, i margini urbani si aprono al protagonista, soprattutto attraverso l’introduzione dell’automobile.

L’idea di concludere il romanzo con l’immagine dell’automobile diventa una scelta simbolica molto importante nel contesto di Los Angeles. Il romanzo segna infatti l’inizio dell’era automobilistica che diventerà un vero e proprio marchio distintivo di questa città e una delle tante figure simboliche a cui Fante fa riferimento nella sua narrazione. L’immagine dell’arancia, che rispecchia la California del caldo e dell’agio, è ironicamente l’unico cibo che Bandini si può permettere. Il sogno americano insoddisfatto rappresentato in questa metafora viene delineato architettonicamente nella descrizione sociale e urbana offerta da Arturo:

«Vecchi che provenivano dall’Indiana, dallo Iowa e dall’Illinois, da Boston, Kansas City e Des Moines, che avevano venduto la casa e il negozio per arrivare, in treno o in automobile, fin qui, nella terra del sole… E poi, una volta arrivati, avevano scoperto che ben altri ladri si erano già impadroniti della terra, e persino del sole… Con la polvere di Chicago e di Cincinnati sulle scarpe e qualche dollaro in banca, abbastanza per abbonarsi al Los Angeles Times, abbastanza per tenere viva l’illusione che questo fosse il paradiso e che le loro casette di cartapesta fossero castelli». (Chiedi alla Polvere, p. 49)

La tradizione letteraria della Los Angeles degli anni ’30, spiega il critico letterario David Fine, «rappresenta il senso di alienazione e dislocamento. È narrativa di arrivi ed entrate, ma allo stesso tempo di esilio e solitudine. Come gran parte della narrativa autobiografica di immigrazione americana, ha a che fare con l’appropriazione di un nuovo territorio, ma anche con la memoria della terra lasciata alle spalle».77David M. Fine, John Fante and the Los Angeles Novel in the 1930s, in John Fante: A Critical Gathering, Fairleigh Dickinson University Press, 1999, p. 124.
La tensione a cui fa riferimento Fine viene illustrata da Bandini nel suo rapporto con la città. Lo spazio che si ritaglia il protagonista nel territorio urbano è uno spazio di sopravvivenza e di conquista“…Lo spazio che si ritaglia il protagonista nel territorio urbano è uno spazio di sopravvivenza e di conquista”. La sua dimensione, in bilico tra contesto reale e immaginazione, può essere riassunta con la trialettica spaziale di Edward Soja. Secondo il geografo americano, quando lo spazio fisico (primo spazio) va a sovrapporsi con la rappresentazione (secondo spazio), finisce per creare un terzo spazio: una dimensione che raccoglie quello che è nascosto ma allo stesso tempo rilevante e necessario nella comprensione del “reale”. Questo assunto può essere ulteriormente spiegato tramite la nozione secondo cui la percezione dello spazio sia basata su un’esperienza personale. Ciò significa che ogni soggetto interpreta l’ambiente circostante in maniera differente in base alla propria esperienza. La prospettiva di Bandini è infatti influenzata dal contesto storico e sociale, da quello urbanistico, ma anche dalla sua identità di immigrato italiano. Come dunque spiega Soja, «capire il mondo in un senso generale è al contempo un procedimento storico e sociale».88Edward W. Soja, Thirdspace: Journeys to Los Angeles and Other Real-and-Imagined Places, Blackwell, Malden, 2014, p. 2.
Per questo motivo, per comprendere il mondo di Chiedi alla Polvere, è utile analizzare il contesto storico e sociale che definisce la realtà del protagonista: il quartiere di Bunker Hill.

La Cienega Boulevard, 1930 (Los Angeles).

Il romanzo comincia esattamente in questo quartiere. Nell’incipit, il narratore dichiara che tale luogo si trova «nel cuore di Los Angeles» (p. 3). Lo spazio narrativo ha un riferimento reale nel centro della città. Soja concentra alcune delle sue riflessioni sul terzo spazio proprio in questa zona urbana. Anche Fredric Jameson prende in considerazione Bunker Hill per spiegare lo spazio contemporaneo e l’alienazione prodotta dall’architettura postmoderna. Secondo Jameson, le “abitudini percettive” umane sono basate su quello che lui chiama “alto modernismo”, ovvero sull’era moderna.99Cf.  Jameson, cit., p. 38.
Il quartiere di Bunker Hill descritto da Fante fornisce un adeguato esempio spaziale di questa dimensione, una zona che era un tempo caratterizzata da case vittoriane e da una fervente attività pubblica, come testimonia Bandini all’interno del romanzo, e che è stata però del tutto rasa al suolo e trasformata in un centro fatto di grattacieli e palazzi. Questa nuova architettura, secondo Jameson, trova la sua espressione massima nell’Hotel Bonaventure. L’albergo di 33 piani va a costituire un “iperspazio” che crea disorientamento e alienazione. Per fare fronte a questo sentimento, il soggetto deve riacquisire la capacità di ambientarsi e orientarsi. È sotto questo preciso punto di vista che la spazialità di Chiedi alla Polvere diviene particolarmente importante. La narrazione fornisce infatti l’opportunità di riorientamento attraverso la sua testimonianza urbana. La presenza di questo spazio, seppur narrativo, offre una prospettiva personale del quartiere e documenta una realtà che non esiste più ma che allo stesso tempo è indispensabile nella comprensione e contestualizzazione sia storica che sociale di questo luogo.

È pressoché impossibile leggere un trattato contemporaneo su Bunker Hill senza imbattersi in un riferimento a Chiedi alla Polvere o a Fante. Oggi, quel che rimane di questo romanzo come traccia urbana nel centro della città sono una placca commemorativa e una piazza intitolata “John Fante Square”, a due isolati dall’Hotel Bonaventure, davanti a uno dei luoghi più importanti del romanzo: la biblioteca centrale di Los Angeles. Bandini, aspirante scrittore, sogna di vedere uno dei suoi libri tra i grandi classici americani conservati nell’edificio.

Negli anni ’30, Bunker Hill aveva perso il prestigio dell’epoca vittoriana, per diventare un luogo popolato da comunità di immigrati e residenti anziani. In diverse note dell’autore, tra cui un prologo mai edito e conservato negli archivi della UCLA, Fante sottolinea l’importanza di questo posto lontano da Hollywood. Chiedi alla Polvere fu infatti concepito come un romanzo proletario, e le scelte spaziali all’interno della narrazione riflettono questa decisione. Il protagonista si muove tra Bunker Hill, l’hotel Alta Loma, il mercato centrale e la funicolare di Angels Flight. La sua ossessione per questo quartiere è una sorta di imposizione sulla città: come italoamericano, ovvero come presenza marginale, Bandini si impone sul centro cittadino in una vera e propria conquista del territorio.

Al giorno d’oggi potrebbe risultare difficile immaginare un immigrato italiano come “presenza marginale”. La questione identitaria italiana negli Stati Uniti è però una faccenda complicata da implicazioni razziali che possiedono un forte legame con la dimensione spaziale e ripercussioni sull’organizzazione urbana di questa comunità. Fante stesso si trovò più volte a difendere la propria identità americana nonostante fosse, di fatto, un cittadino americano a tutti gli effetti, nato e cresciuto negli Stati Uniti.

John Register, “Prologue to Ask the Dust”, Black Sparrow Press, Santa Rosa, 1990.

Come riportato dallo studioso Thomas A. Guglielmo nel libro Are Italians White? How Race is Made in America, i primi documenti di naturalizzazione di italiani negli Stati Uniti presentano le seguenti connotazioni: colore della pelle “bianco”, carnagione “scura” e razza “italiana”. Basandosi su questo assunto, nello stesso testo, Jennifer Guglielmo riflette sulla questione razziale considerando le affermazioni della scrittrice bell hooks in relazione alle pratiche che rinforzano e perpetuano il razzismo. Secondo Guglielmo, infatti, la relazione tra cultura e “pratiche materiali” della comunità italiana negli Stati Uniti hanno uno stretto legame con la condizione sociale di queste comunità di immigrati. Come classe operaia, gli italiani negli Stati Uniti al tempo di Fante vivevano in stretto contatto con altri immigrati e con le comunità nere. Le implicazioni di questa affermazione con il piano spaziale urbano sono di estrema importanza. La configurazione urbana, ovvero l’appartenenza a un determinato quartiere, contribuiva infatti ad affermare l’identità razziale di un individuo; un concetto elaborato da Matthew Jacobson tramite l’idea di “prossimità” e associazione con attività e zone a basso reddito.1010Si veda Jennifer Guglielmo, Salvatore Salerno (a cura di), Are Italians White? How Race is Made in America, Routledge, 2003.
La figura di Arturo Bandini emerge in questo contesto. Guglielmo fornisce inoltre un’analisi utile sulla condizione degli immigrati italiani della prima metà del ’900. L’autrice stabilisce infatti una relazione tra lo status sociale di questa comunità a proposito della percezione razziale con un sentimento di ansia che portò a un desiderio di assimilazione e abbandono delle tradizioni culturali legate alla madrepatria; processo  evidente nella figura di Bandini e nella maniera in cui lui si approccia alla città, tentando di cancellare la propria italianità affermandosi sul territorio, conquistando una posizione di dominio nello spazio urbano e approcciandosi agli altri abitanti di Bunker Hill con un atteggiamento di superiorità.

John Register, “Prologue to Ask the Dust”, Black Sparrow Press, Santa Rosa, 1990.

Da questo desiderio di assimilazione, comune negli immigrati italiani, sorge pertanto un problema. Una comunità che, sebbene marginale, godeva comunque dei privilegi della razza bianca: gli immigrati italiani – precisa Guglielmo – «avevano accesso alla cittadinanza, potevano votare, possedere terreno, servire come giurati e sposare altri europei».1111Guglielmo, Salerno, cit., p.11.
Questa chiarificazione fa luce sull’atteggiamento di Bandini nei confronti degli altri residenti di Bunker Hill e sul suo approccio intermittente verso la questione razziale. Durante la narrazione, Bandini passa infatti da vittima a persecutore, e viceversa, godendo però di una posizione di vantaggio rispetto alle altre comunità intorno a lui. Fondamentale sotto questo punto di vista è il suo rapporto con Camilla. La critica letteraria Suzanne Rosak descrive Bandini come «una voce anti-razzista e anti-classista» che allo stesso tempo mostra «pregiudizi, è egoista, delirante e per questo non affidabile».1212Roszak, Suzanne, Diaspora, Social Protest, and the Unreliable Narrator: Challenging Hierarchies of Race and Class in John Fante’s Ask The Dust, «Studies in the Novel», 48, 2, June 2016, p. 186.
Più volte, nel corso della narrazione, Bandini prende coscienza di questo suo atteggiamento:

«Ho vomitato sui loro giornali, ho letto i lori libri, studiato le loro abitudini, mangiato il loro cibo, desiderato le loro donne, ammirato la loro arte. Ma sono povero, il mio nome termina con una vocale dolce e loro odiano me, mio padre e il padre di mio padre. Avrebbero voluto succhiarmi il sangue e abbattermi come un animale, ma ora sono vecchi e stanno morendo sotto il sole e nella polvere calda delle strade, mentre io sono giovane e pieno di speranze e di amore per il mio paese e i miei tempi». (p. 52)

Le sue considerazioni sono sempre radicate nella dimensione spaziale di Los Angeles. Quando, per esempio, Bandini riesce finalmente ad acquistare i vestiti che sognava, il suo primo impulso è quello di camminare per il centro della città specchiandosi nelle vetrine. È questo il momento che lo porta a realizzare che, nonostante i tentativi di assimilazione, non riesce tuttavia ad affrancarsi dalla propria italianità. Tale consapevolezza sta alla base della creazione del terzo spazio, un luogo in bilico tra realtà e finzione. Arturo trova rifugio in una Los Angeles parallela, la città dei suoi sogni. L’ambiente che lui immagina viene ricreato tramite la scrittura e assume così validità. Come afferma Soja:

«Non è una sorpresa il fatto che immagine e realtà vengano spettacolarmente confuse. La differenza tra vero e falso, fatto e finzione, non solo scompare ma diventa totalmente e preternaturalmente irrilevante».1313Soja, Thirdspace, cit., p. 274.

John Register, “Prologue to Ask the Dust”, Black Sparrow Press, Santa Rosa, 1990.

Di fondamentale importanza sotto questo punto di vista è l’immagine di Bandini riflessa nella vetrina di un negozio di pipe. Il protagonista usa questa immagine per fantasticare e creare scenari di successo in cui lui è un affermato scrittore, con seguaci e donne ai suoi piedi. La fantasia di Bandini viene messa in discussione nel momento in cui prende coscienza del fatto che i vestiti nuovi siano scomodi e non facciano per lui.  La finzione creata dal protagonista, il suo desiderio di essere riconosciuto, di entrare a far parte del canone letterario anglosassone finisce così per non soddisfarlo.

Tale insoddisfazione procede di pari passo con descrizioni ambientali catastrofiche. La natura intercede nella narrazione e nella sfera urbana del romanzo con immagini di terremoti e palme contaminate da monossido di carbonio, tramite le quali Fante riflette sul fallimento del sogno americano in relazione a se stesso e alle aspettative dei suoi personaggi. Allo stesso tempo, l’autore sottolinea il problema della civilizzazione di una città fatta di smog e polvere, dove, usando le sue stesse parole:

 «Niente crescerà in una cultura senza radici, nella frenetica ricerca di fondamenti che non contempla la furia cieca delle persone perse e senza speranze, che cercano invano una terra che non gli appartiene».1414Prologo inedito.

Arturo sviluppa queste considerazioni pensando all’esistenza delle persone di Los Angeles con «la polvere dell’Indiana e dell’Ohio nel sangue», condannate a «morire in una terra inutile e polverosa».1515V.S.
L’identità del protagonista diventa così una rivendicazione spaziale. Nel momento in cui si afferma come scrittore, Bandini realizza quindi di non essere in grado di sacrificare la propria individualità, e per questo crea uno spazio che è personale, che accetta le differenze e rende la marginalità una delle sue caratteristiche più forti.

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di Anna Barattin
  • Anna Barattin è una studiosa e musicista italiana residente ad Atlanta negli Stati Uniti. Ha conseguito un dottorato in letteratura americana presso la Georgia State University dove ora insegna letteratura e scrittura. Dopo la laurea magistrale in lingue e letterature americane e postcoloniali ottenuta presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha passato un periodo a Pechino dove ha studiato il cinese alla Beijing Yuyan Daxue. I suoi interessi comprendono il geocentrismo, la spazialità, studi comparati e traduzione. Il suo ultimo disco, Someone, Anyone? è uscito nel settembre 2019 per l’etichetta Wild Honey Records. Al momento, la sua ricerca si sta concentrando sull’insegnamento della letteratura americana attraverso mappe geografiche.
Bibliography

Stephen Cooper, David Fine, John Fante: A Critical Gathering, Fairleigh Dickinson UP, Madison, 1999.

Mike Davis, City of Quartz: Excavating the Future in Los Angeles, Verso, 2018.

John Fante, Ask the Dust, Harper Perennial, New York, 2006.

John Fante, Chiedi alla Polvere. Einaudi, 2016.

John Fante, Prologue to Ask the Dust, 1936. Box 1, Folder 1. John Fante Papers, ca. 1925-2000. UCLA Library Special Collections, Charles E. Young Research Library. May 2017.

John Fante, Selected Letters, 1932-1981, Ecco, New York, 2002.

David M. Fine, John Fante and the Los Angeles Novel in the 1930s, in John Fante: A Critical Gathering, Fairleigh Dickinson University Press, 1999.

Jennifer Guglielmo, Salvatore Salerno (a cura di), Are Italians White? How Race is Made in America, Routledge, 2003.

bell hooks, Black Looks: Race and Representation, Routledge, New York, 2015.

Fredric Jameson, Postmodernism: or, the Cultural Logic of Late Capitalism, Verso Books, 2019.

Anastasia Loukaitou-Sideris, Gail Sansbury, Lost Streets of Bunker Hill, in California History, Vol. 74, No. 4 (Winter, 1995/1996), pp. 394-407. Web. 07/04/2017.

Suzanne Roszak,. Diaspora, Social Protest, and the Unreliable Narrator: Challenging Hierarchies of Race and Class in John Fante’s Ask the Dust, «Studies in the Novel», vol. 48, no. 2, 2016, pp. 186-204. Web. 07/04/2017.

Edward W. Soja, My Los Angeles: From Urban Restructuring to Regional Urbanization, University of California, 2014.

Edward W. Soja, Thirdspace: Journeys to Los Angeles and Other Real-and-imagined Places, Blackwell, Malden, 2014.

Robert T. Tally, Spatiality, Routledge, Abingdon-on-Thames, 2013.

Yi-Fu Tuan, Space and Place, University of Minnesota, Minneapolis, 1979.