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H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

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Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

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Quantificarsi
Magazine, ANATOMIA – Part II - Dicembre 2020
Tempo di lettura: 11 min
Valeria Ferrari

Quantificarsi

Coscienza di sé ed estrazione di valore nelle pratiche di auto-sorveglianza.

Alexis Rosenfeld/SPL creative.

 

Quantified Self 

Il rapporto con il proprio corpo è complesso. Viviamo, infatti, il corpo come un qualcosa che è noi ma anche altro da noi; ne siamo un tutt’uno, ma a volte lottiamo con esso; è il nostro unico veicolo di esperienza e percezione, eppure spesso non lo comprendiamo.

Conoscere il proprio corpo è una tappa fondamentale nel processo, infinito, di conoscenza di sé. Il corpo e la sua relazione con l’io sono stati letti, decifrati, interpretati secondo diverse epistemologie, credenze e simbologie attraverso i secoli, le culture, le filosofie e le scienze. Importante è quindi chiedersi, nel momento in cui parliamo di corpi e li giudichiamo, non soltanto quale verità sul corpo abbiamo accettato come vera, ma anche da parte di chi, e attraverso quali processi, essa sia stata prodotta (un’indagine che Foucault indica con il termine aleturgia).

La risposta, scontata, a tale interrogativo parrebbe essere quella che le scienze mediche si sono conquistate l’onere di stabilire, aggiornare, perfezionare ciò che riteniamo vero riguardo al corpo. Tuttavia, la ricerca medico-scientifica cerca regole generalizzabili, stabilisce verità che aspirano all’universalità. L’individuo, al contrario, è spinto da un desiderio di comprensione del proprio corpo individuale, che raramente viene soddisfatto dal sapere medico-scientifico (ciò anche a causa delle modalità di accesso a tale sapere: esso o è confinato nelle cerchie accademiche del sapere ufficiale, o è divulgato online in sedi di cui è difficile provare l’affidabilità). Per essere sicuro di cosa davvero va bene per me, per sapere quale allenamento, quale dieta, quante ore di sonno servono a me, e non ad altri, avrei bisogno di una lettura individualizzata del mio corpo. A tale bisogno di cura personalizzata hanno risposto quegli attori che hanno accesso al corpo delle persone in ogni momento della vita quotidiana: le aziende tecnologiche.

“Un’app al giorno toglie il medico di torno.”

Quantificarsi: questa la via proposta da un movimento, il Quantified Self, nato in California nel 2007 e diffusosi, seppur rimanendo nominalmente sconosciuto a molti, in tutto il mondo per mezzo di app e tecnologie indossabili – smartwatch in primis – che promettono, registrando ogni rilevabile parametro dei nostri processi biologici, di aiutarci a ottimizzare noi stessi. Sulla scia del successo di innumerevoli, più o meno fortunate app sviluppate per la cura del corpo, i giganti tecnologici non hanno perso l’occasione di incorporare piattaforme e applicazioni legate alla salute nei loro sistemi operativi.

Apple Salute. Fonte: apple.com (https://www.apple.com/it/ios/health/)

«Un’app al giorno toglie il medico di torno» – è lo slogan che figura sul sito ufficiale di Apple Salute. Apple Salute compare nel 2014 offrendo la possibilità di raggruppare «tutti i dati raccolti dal tuo iPhone, dal tuo Apple Watch e dalle app di altri sviluppatori che già usi» così da permetterti di «capire quali sono i tuoi trend nel lungo periodo, o vedere nel dettaglio l’andamento giornaliero di diversi parametri». Inoltre, Apple utilizza «l’apprendimento automatico per capire quali sono le informazioni essenziali per te, per esempio i minuti di esercizio o i parametri più importanti, e li mette in evidenza per farteli vedere a colpo d’occhio».

«Il tuo corpo è un sistema complesso, ma l’app Salute ti aiuta a tenerlo d’occhio»: forte di tale missione, Apple Salute (ma Huawei, Samsung e altri produttori di smartphone non sono da meno) consente di monitorarsi a 360 gradi, osservare le variazioni dei parametri attraverso accattivanti visualizzazioni, raccogliendo e incrociando dati da una moltitudine di app quali WaterMinder, dedicata al monitoraggio della quantità di acqua bevuta ogni giorno; Meditopia, che aiuta a ridurre lo stress e a trovare “la pace interiore”; Lifesum, per il calcolo dei micronutrienti assunti; e molte altre ancora.

Le app di auto-sorveglianza più diffuse sono senza dubbio quelle che riguardano il monitoraggio del sonno, il fitness, la nutrizione, lo stress management e lo stimolo della produttività. Ma l’entusiasmo per l’auto-sorveglianza non ha risparmiato il tracciamento della vita sessuale. Nipple, per esempio, è una app che permette di misurare le proprie performance sessuali confrontandosi ed entrando in competizione con utenti da tutto il mondo, di cui sono messi a disposizione dati su posizioni, durata, intensità dei rapporti intimi. Lovely è invece un sex toy che, oltre a stimolare piacere, fornisce metriche sul numero di calorie consumate durante il rapporto, sul numero di “spinte” effettuate, sulla «forza G raggiunta […] e sulla durata, spronandoti a dare sempre di più».11L. Pierattini, Sesso, le 5 app che misurano la vita sessuale e ti aiutano a farlo meglio, «GQ Italia», 2015.

N=1 è il motto dei seguaci del movimento. L’auto-sorveglianza attuata tramite il rilevamento dei propri passi, del proprio battito cardiaco, del proprio respiro permette la definizione di strategie di ottimizzazione del tutto individualizzate. Il QS mira al perfezionamento del corpo attraverso la sua riduzione in dati, in fatti quantificabili che sono poi rilevati con precisione tale da fornire all’utente una “percezione aumentata” del proprio corpo. Il presupposto implicito è quindi quello dell’inaffidabilità delle sensazioni, dell’insufficienza dell’esperienza fisica soggettiva al fine di prendersi cura di sé. La tecnologia diventa un interposto necessario tra noi e il nostro corpo: tramite essa avremo finalmente un’immagine accurata dei nostri processi biologici e, se seguiamo le sue direttive, potremo ricodificarla a nostro volere.

Lovely. Fonte: ean-online.com (https://www.ean-online.com/insights/interview/i-think-lovely-is-the-first-sex-toy-that-can-be-updated-over-the-air/)

O meglio, secondo il volere della tecnologia. Interporre tali tecnologie di auto-tracciamento tra noi e il nostro corpo, infatti, significa accettare come valide le metriche, le statistiche e i parametri scelti da chi tale tecnologia l’ha programmata. Tendiamo, d’altronde, ad accettare come oggettivo, scientifico, vero tutto ciò che è espresso in dati, numeri, grafici. Tuttavia, dietro la costruzione dei dati e delle loro rappresentazioni stanno sempre delle scelte, che corrispondono in ultima analisi a strategie di costruzione del vero.

Secondo Foucault, l’esercizio del potere corrisponde soprattutto alla fabbricazione del vero. Prima di accettare ciò che queste app misurano e ci restituiscono come conoscenza di noi stessi, prima di assoggettare acriticamente i nostri corpi alle logiche auto-deformanti proposte da tali tecnologie, quindi, dovremmo porci in relazione a esse alcune, fondamentali, domande. Quali sono le logiche secondo cui alcuni dati sono utilizzati a discapito di altri? Quali sono gli incentivi che sottendono la creazione di tali applicazioni? Secondo quali parametri la mia via sessuale, la mia produttività, la mia forma fisica sono giudicate più o meno ottimali? Verso quale ottimizzazione mi sto spingendo? Il rischio, altrimenti, è quello di guardarsi in uno specchio deformato senza rendersi conto delle sue deformazioni.

 

Informazione, potere, capitale 

È tipico della dominante fede illuministica occidentale ritenere che un’epistemologia fondata su fatti osservabili – quindi, dati – sia l’unica epistemologia accettabile. Una semplice piramide è spesso proposta negli ambiti di sapere tecnico-scientifici come illustrazione della gerarchia che unisce dati e sapere: la “DIKW pyramid” esprime, senza tanti giri di parole, l’idea che dai dati derivano informazioni, dalle informazioni deriva la conoscenza, dalla conoscenza la saggezza. Secondo questo schema, la conoscenza della verità altro non è che quella conoscenza fondata sui dati“…la conoscenza della verità altro non è che quella conoscenza fondata sui dati”: fatti quantificabili, comparabili, da cui siano deducibili norme sempre più generali. Nella sicurezza dei dati risiede, quindi, l’unica via per un sapere oggettivo.

Apple Watch. Fonte: which.co.uk (https://www.which.co.uk/news/2020/03/best-ways-to-monitor-your-heart-rate-with-a-smartwatch/)

La quantificazione e la misurazione come elemento fondante del sapere non sono, tuttavia, un dato astorico e assoluto, ma sono contingenti a un determinato contesto culturale. L’utilizzo dei dati, la misurazione e la quantificazione come elementi strutturali del sapere ufficiale hanno radici pienamente illuministiche, e si consolidano come metodo di governo con la nascita dello stato moderno. Quest’ultimo, a fronte di popolazioni numericamente estese e qualitativamente disomogenee, si serve della cartografia, dei sistemi di censo e di mappatura per il controllo del territorio. Più la società diventa “massa”, più la sua amministrazione diventa conteggio burocratico, misurazione, calcolo.

Se da un lato l’attività di indicizzazione e numerazione di persone e cose porta alla produzione di una quantità senza precedenti di informazioni, dall’altro essa determina anche una diminuzione della qualità fotografica, un’approssimazione delle cose volta a eliminare le sfumature, il non quantificabile, il trascurabile.

Nello storico romanzo Il Ponte sulla Drina viene descritto come il dominio austriaco in Bosnia fu consolidato, nei primi decenni del ’900, proprio tramite un’accurata opera di indicizzazione e numerazione. Nel piccolo paese di cui narra il romanzo, governato da norme consuetudinarie consolidate attraverso pratiche quotidiane secolari, i burocrati austriaci intervengono a imporre il censimento di persone e animali, il registro delle proprietà, la numerazione delle strade, delle case, dei mezzi. I cittadini accettano con indifferenza, esprimendo l’inutilità, ai loro occhi, di tutto questo sforzo che nulla muta dell’effettivo assetto delle cose. Tuttavia, con il passare del tempo, in modo invisibile seppur sotto gli occhi di tutti, l’assetto delle cose si trasforma, adattandosi sempre più agli schemi sovraimposti dalla burocrazia.

Il censo, l’indicizzazione e il conteggio si sono, in epoca moderna, consolidati come metodo di definizione della realtà, oltre che come strumento imprescindibile di governo. Numerose teorie razziali e criminologiche sposate dal potere ufficiale sono state fatte passare per scientifiche proprio grazie all’apparente utilizzo di metodi empirici di osservazione e catalogazione della realtà. Tuttavia, tali tassonomie – si pensi, per esempio, all’Atlante Criminale di Cesare Lombroso – altro non facevano che consolidare e ufficializzare preesistenti stigmi, pregiudizi e discriminazioni. Le moderne tecnologie di riconoscimento facciale o di censura di contenuti online nell’ambito delle politiche antiterroristiche, in modo simile, giustificano, sotto il baluardo della sicurezza pubblica, pratiche di selezione automatizzata della pericolosità sociale basate su logiche del rischio del tutto convenzionali, discriminatorie e dettate da opportunità politiche.

Cesare Lombroso, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria, Atlante, Torino, Fratelli Bocca, 1897, Tav LXVII.

Grazie alla odierna “dataficazione” delle più svariate attività umane, tutto diventa quantificabile, a un livello di granularità senza precedenti. Ciò, tuttavia, non pare aver fornito le basi per una più approfondita comprensione dell’uomo e del mondo. Gli artefici principali del processo di archiviazione di tutto ciò che esiste e accade sono le multinazionali tecnologiche, per mano di ciascuno di noi. Producendo dati per gli intermediari tecnologici, gli utenti si inseriscono in un processo di capitalizzazione dell’informazione in cui essi sono sia prodotto, che lavoratori. L’informazione prodotta dagli utenti, infatti, è utilizzata secondo logiche di massimizzazione del profitto: essa è re-incanalata verso l’utente in forma di marketing personalizzato, ed è ristrutturata e somministrata in modo da massimizzare l’engagement, ovvero il tempo che trascorriamo davanti allo schermo. Raramente l’informazione serve l’interesse della collettività.

Waterminder. Fonte: waterminder.com (https://waterminder.com/)

Le teorie sul capitalismo biocognitivo hanno intuito correttamente come, in un’economia in cui l’informazione e la produzione della conoscenza sono la base dei moderni processi di valorizzazione, il tempo del lavoro straripa nel tempo della vita. La vita nella sua interezza, nei suoi aspetti sociali e più intimi, è messa a valore, è sussunta nel processo di estrazione capitalistica (c.d. sussunzione vitale). È anche sotto questa prospettiva che le tecnologie di auto-sorveglianza dovrebbero essere prese in considerazione e criticate: dal punto di vista di chi crea e fornisce le tecnologie per attuarlo, l’auto-monitoraggio altro non è che forza-lavoro non remunerata; i parametri raccolti per comprendere il nostro corpo sono quelli che più convengono (spesso, semplicemente i più facili da rilevare) agli interessi capitalistici in gioco.

 

L’auto-sorveglianza come autocoscienza deformata 

La teoria sul corpo e sul benessere promossa dal capitalismo dell’informazione è, in essenza, una teoria su come i corpi possano essere non soltanto decodificati e analizzati in forma di dati, ma anche riprogrammati per ottenere superiori standard di produttività ed efficienza. Non è difficile scorgere, nelle tecnologie dell’auto-sorveglianza, un’espressione di quella società del controllo descritta da Deleuze nel celebre Poscritto sulle Società del Controllo: un controllo «a breve termine e a rapida rotazione, ma anche continuo e illimitato» (p. 239), che è modulato sull’individuo ma «sostituisce al corpo individuale o numerico la cifra di una materia dividuale da controllare» (p. 237).22Deleuze G., Postscript on Control Societies (1990), in Pourparler, Quodlibet, Macerata, 2000, pp. 234-241.

Il mercato della tecnologia legata al corpo capitalizza su un innato desiderio umano di auto-documentarsi e raccontarsi. Le tecnologie di auto-sorveglianza servono e insieme alimentano il bisogno di auto-controllo di cui la società del controllo si serve per il dominio individuale e collettivo. È importante, qui, sottolineare il passaggio da forme di disciplinamento esterne, autoritarie, a un controllo che è prima di tutto auto-imposto, interiorizzato. Dopotutto, come nota il critico Sun-Ha Hong, le tecnologie dell’auto-sorveglianza sono fondamentalmente tecnologie dell’inconscio:33Hong S., Technologies of Speculation, New York University Press, 2020, p. 165.
tracciando i nostri livelli di stress e di concentrazione, esse mirano a espandere la nostra sensibilità verso i parametri da essi selezionati. Nel tentativo di rimodellare e ricodificare tali parametri secondo gli standard ritenuti ottimali, non parlano tanto alla razionalità dell’individuo, ma tentano, piuttosto, di interferire con i pattern inconsci che di tali processi stanno alla base.

AutoSleep. Fonte: macstories.net (https://www.macstories.net/reviews/autosleep-6-effortless-sleep-tracking-more-accessible-than-ever/)

Non a caso, in quest’epoca, si moltiplicano gli elementi del nostro corpo del tutto inaccessibili alla nostra sensibilità, e, ovviamente, la nostra curiosità per essi (si pensi all’improvvisa popolarità del microbioma e della lettura del DNA). Allo stesso tempo, la nostra sensibilità si amplifica inglobando la sensibilità tecnologica. Come afferma l’ideatore del QS Kevin Kelly in occasione della conferenza Living by Numbers, organizzata da «Wired» nel 2012:44Wolf G., Kelly K., Gary Wolf and Kevin Kelly Talk the Quantified Self, WIRED Health Conference: Living by Numbers, New York, 2012.
«Vogliamo usare questi sensori per dotarci di nuovi sensi. Equipaggiarci con nuovi modi di ascoltare il nostro corpo». In poche parole, la prospettiva è quella di oltrepassare l’orizzonte della sensibilità umana per renderci più compatibili alle macchine, da cui già dipendiamo e che abbiamo eretto a nostre guide nel processo di conoscenza di noi stessi.

Questa espansione sensoriale e cognitiva per mezzo della tecnologia è venduta come una necessità storica: il logico traguardo di una società già da tempo sospinta da un progresso tecnologico esponenziale. L’oggettività fornitaci dai dati diventa realizzazione di un’auspicata, futuristica riabilitazione dell’auto-controllo individuale e di una realtà certa. Ma l’apparente certezza dei numeri, come visto, può essere ingannevole. La promozione dell’auto-sorveglianza come via per la conoscenza di sé comporta, infatti, l’instaurazione di un processo di fabbricazione della conoscenza che risponde, in ultima analisi, a precisi interessi di profitto ed è, in sostanza, sottratta alla sensibilità umana e affidata al calcolo, ottuso, degli algoritmi.

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Valeria Ferrari
  • Valeria Ferrari studia l'intersezione tra diritto e nuove tecnologie presso l'Institute for Information Law dell'Università di Amsterdam. Le sue ricerche indagano l’impatto di determinate infrastrutture tecnologiche sull’evolversi del diritto e delle istituzioni e, viceversa, l’influenza di queste ultime sulle configurazioni tecnologiche. Ha pubblicato scritti su cripto-valute, economie decentralizzate, privacy in ambito finanziario e digital evidence. È co-fondatrice e managing editor del Glossary of distributed technologies presso l'Internet Policy Review.
Bibliography

Deleuze G., Postscript on Control Societies (1990), in Pourparler, Quodlibet, Macerata, 2000, pp. 234-241.

Dzodan F., The Coloniality of the Algorithm, Sonic Acts, 2019.

Foucault M., Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France, 1984.

Foucault M., Governmentality (in The Foucault Effect: Studies in Governmentality), University of Chicago Press, 1991.

Hong S., Technologies of Speculation, New York University Press, 2020.

Molteni C., Alì D.G., Capitalismo biocognitivo, sussunzione vitale e lavoro senza fine: intervista ad Andrea Fumagalli, KABUL magazine, 2017.

Scott J.C., Seeing Like a State: How Certain Schemes to Improve the Human Condition Have Failed, Yale University Press, 1998.