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Il Numogramma Decimale

H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

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Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

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The Occasional Alternatives: Le alternative al modello biennale (feat. Miart)
Project, 10 April 2017
Talk/Podcast

The Occasional Alternatives: Le alternative al modello biennale (feat. Miart)

Daniel Baumann, Milovan Farronato, Sandra Terdjman, moderati da Diana Campbell Betancourt, presentano il talk "Le alternative al modello biennale".

Tbilisi 16: Shaping an art space without walls. Tbilisi 16: Shaping an art space without walls.

 

La redazione di KABUL magazine, in collaborazione con ATP DIARY, ha deciso di rendere disponibili, all’interno del sito, le registrazioni audio di alcuni dei talk di Miart 2017. Gli ospiti invitati al programma di miartalks 2017 – a cura di Ben Borthwick (Direttore Artistico, Plymouth Arts Centre, Plymouth), Diana Campbell Betancourt (Direttrice Artistica, Samdani Art Foundation e Capo Curatrice, Dhaka Art Summit 2018, Bataan e Dhaka) – affronteranno un tema di grande attualità che coinvolge il sistema artistico su scala globale: «il presente e il futuro delle biennali e le sfide delle grandi mostre periodiche nel mondo». L’archivio digitale di KABUL si arricchirà così di podcast, accompagnati da brevi testi introduttivi, facilmente fruibili dai lettori. La raccolta restituirà una documentazione significativa sull’argomento rappresentativo di quest’anno, considerato dai più come uno dei più ricchi per il mondo dell’arte per la grande quantità di appuntamenti offerti.

Venerdì 31 marzo, presso lo spazio dedicato alla sezione miartalks, si è concluso il secondo incontro incentrato su progetti espositivi ‘occasionali’ che possano offrire una valida alternativa alle grandi biennali ripensandone la struttura, la scala, e il legame con il contesto. Protagonisti dell’incontro sono stati Daniel Baumann (direttore presso Kunsthalle Zurich), Milovan Farronato (direttore e curatore presso Fiorucci Art Trust), Sandra Terdjman (curatrice e co-direttrice del Council, e co-fondatrice, Kadist).

Tbilisi 16: Shaping an art space without walls. Tbilisi 16: Shaping an art space without walls.

Diana Campbell Betancourt apre l’incontro spiegando com’è nata l’idea di intitolare il talk «The Occasional Alternatives». Nel 2014 infatti, in occasione di GLOBAL ART FORUM 8: 1955-2055: A Documenta Century durante Art Dubai, Catherine David pose un quesito agli altri partecipanti (Okwui Enwezor, Adam Szymczyk, Hans Ulrich Obrist) alla discussione «Why we can just occasionally do something good?». Segue una breve presentazione degli ospiti chiamati a parlare dei loro progetti ‘occasionali’, ognuno dei quali è un esempio rappresentativo di come sia possibile declinare questo formato espositivo considerato solitamente di massa su un livello di grande intimità ed empatia con il pubblico, gli artisti e le comunità locali.

Prende la parola Daniel Baumann, che parla della sua esperienza come curatore di una serie di mostre a Tbilisi, in Georgia, dove gran parte del budget è destinato alle nuove produzioni, riducendo al minimo i costi delle spedizioni. Qui i progetti vengono inizialmente pensati come mostre per poi diventare workshop e performance partecipativi grazie al coinvolgimento di un numeroso gruppo di persone. Nel corso delle varie edizioni è stato spesso riformulata la modalità di progettazione dell’evento espositivo: del 2009 è la decisione di smettere di affittare gli spazi per iniziare a sfruttare spazi, e del 2016 l’idea di costruire un museo senza mura, Shaping an art space without walls. Un progetto nato da una performance collettiva per opera della comunità di artisti locale.

I Will Go Where I Don't Belong. Curated by Camille Henrot with Milovan Farronato. Volcano Extravaganza 2016 15 – 21 July 2016 I Will Go Where I Don’t Belong. Curated by Camille Henrot with Milovan Farronato. Volcano Extravaganza 2016 15 – 21 July 2016.

Sandra Terdjman racconta lo sviluppo di Infinite Ear, tappa norvegese di WITHIN, un progetto itinerante e a lungo termine nato a Sharjah nel 2008 durante un periodo di residenza dell’artista sonoro Tarek Atoui presso Sharjah Art Foundation. WITHIN si basa sulla stretta collaborazione tra Council, Tarek Atoui e gli insegnanti e gli studenti dell’Al Amal School for Deaf Students di Sharjah. Infinite Ear nello specifico vuole rispondere alle seguenti domande:

«To what extent do we hear? What can hearing and deaf people learn from each other’s ‘differently-abled’ auditory abilities? Beyond the human experience, how might practices in para-hearing – whether biological or technical entities – proffer more complex formulations of listening and hearing, extending these notions beyond audition? In what ways can such knowledge improve political representation of the diversity of hearing?». 

Nella città di Bergen, in Norvegia, a seguito di una serie di incontri con musicisti, artisti e artigiani del luogo è stata possibile la realizzazione di manufatti e concerti partecipati. Questa stretta rete di relazioni ha così permesso sia la crescita di un dialogo con la comunità locale, sia la costituzione di un pubblico interessato alla ricerca condotta in loco.

Milovan Farronato racconta il suo progetto Volcano Extravaganza che si svolge nell’isola di Stromboli con cadenza annuale. Ogni edizione prende avvio dall’invito a un artista ‘leader’ che è chiamato a produrre un progetto durante il periodo di residenza e a invitare sull’isola amici e conoscenti dando vita a una nuova comunità sul territorio eolico. Di anno in anno, a seconda della natura del lavoro dell’artista invitato, il livello di empatia con la comunità degli abitanti cambia. Nell’ultima edizione, per esempio, Camille Henrot ha voluto recuperare una dimensione domestica chiedendo la collaborazione della popolazione a mettere a disposizione le proprie case per il progetto.

La conversazione si conclude con la domanda in sala riguardo le modalità di costruzione e la tipologia di pubblico coinvolto rispetto a quello di massa tipico delle grandi biennali.

 

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