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Il Numogramma Decimale

H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

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Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

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Dinosauri riportati in vita, nanorobot in grado di ripristinare interi ecosistemi, esseri umani geneticamente potenziati. Ma anche intelligenze artificiali ispirate alle piante, sofisticati sistemi di tracciamento dati e tecnologie transessuali. Questi sono solo alcuni dei numerosi esempi dell’inarrestabile avanzata tecnologica che ha trasformato radicalmente le nostre società e il...

Checkpoint Reel + Users Quest
Magazine, ESCAPISMI -Part II - Giugno 2025
Tempo di lettura: 11 min
Jacopo Casamenti, Lucrezia Zucconi

Checkpoint Reel + Users Quest

Estetiche dell’interruzione nello scrolling contemporaneo

Videogioco MediEvil.

I confini tra il mondo digitale e quello reale, sempre più sfocati, rendono l’esperienza del cosiddetto user un continuum che riflette le dinamiche della vita contemporanea. In un’epoca segnata dalla rapida evoluzione delle ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione), la continua interazione degli esseri umani con gli ambienti virtuali ha assunto un’importanza fondamentale nella costruzione delle esperienze quotidiane, influenzando la percezione del tempo e dello spazio. Le pressioni sociali, lavorative e personali, amplificate da un flusso incessante di stimoli, hanno alimentato nel corso degli anni un crescente desiderio di rifugi alternativi: tanto i videogiochi quanto i social media emergono come spazi di escapismo, dove il confine tra realtà e finzione si dissolve, i meccanismi si intrecciano, offrendo nuove prospettive di esplorazione e connessione.

Ma non solo. Benché l’idea di escapismo abbia radici profonde nella cultura umana – basti pensare alla mitologia, i racconti tradizionali o alcune correnti filosofiche come l’esistenzialismo – con l’avvento delle ICT questo concetto si è trasformato in un fenomeno estremamente più complesso, dotato di nuove forme e dimensioni, radicato nelle dinamiche culturali e nelle esperienze umane. Così, tanto i meccanismi di gioco quanto le interazioni social possono ora non solo fungere da rifugio, nel senso classico di escapismo, ma anche come opportunità di esplorazione di nuovi mondi e comunità, ammettendo che la socialità digitale non sia una mera replica di quella tradizionale, ma una nuova e lecita forma di interazione che rimodella il nostro senso di appartenenza.

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I videogiochi, “culture algoritmiche” (Galloway, 2006) che si muovono tra regole reali e mondi fittizi, offrono una prospettiva unica su questo fenomeno, perché grazie ai loro meccanismi di progressione e punti di controllo, definiscono in toto l’esperienza ludica degli user. A partire da questo contesto, nozioni come checkpoint e respawn diventano metafore adatte alla riflessione riguardo all’esistenza e partecipazione degli esseri umani nell’era digitale. Infatti, i checkpoints rappresentano spazi neutri, luoghi di rifugio temporaneo dove il giocatore può fermarsi e dedicarsi a un “momento di riflessione”. Non sono solo semplici strumenti di meccanica ludica, ma veri e propri simboli di pausa e ri-organizzazione, i quali offrono al giocatore sia uno spazio sicuro da cui ripartire dopo una sconfitta, sia uno stop nella narrazione che spezza l’intensità dell’azione. I checkpoints rappresentano inoltre l’unico momento di corrispondenza tra la linea temporale IRL (in real life) e quella del gioco: se durante l’azione si è completamente proiettati nella storyline, il pit-stop dei checkpoints si rivela essere anche fisico, in quanto il gioco rimarrà – letteralmente – fermo fino a quando non sarà l’user a riattivarlo. Questo tipo di meccanismo è in grado di conferire un inaspettato senso di sicurezza al giocatore, e dunque come sostiene Alexander R. Galloway:

«I videogiochi operano secondo regole che sono tanto reali quanto fittizie. Questi sistemi algoritmici non solo stabiliscono ciò che può accadere in un gioco, ma anche come il giocatore si relaziona a queste regole. In questo contesto, il giocatore diventa un attore all’interno di un sistema che è sia rigidamente strutturato che aperto all’improvvisazione».11A. R. Galloway, Gaming: Essays on Algorithmic Culture, University of Minnesota Press, 2006, p. 46.

Considerati infine anche come luoghi di rinascita, i checkpoints offrono all’user l’opportunità di autodeterminarsi all’interno del gioco, per esempio riconsiderando le proprie azioni e strategie (elemento che riporta alla “vita reale”), nonostante sia il gioco stesso a operare su una serie di regole che stabiliscono come e quando i giocatori possano effettivamente “respawnare” (Juul, 2005), determinando così il concetto di ciclo di vita del gioco. Riassumendo,

«L’interazione tra giocatore e videogioco è un’esperienza di vita e morte, letteralmente. Quando il giocatore fallisce, il sistema gli offre un’opportunità di ripartenza, di ‘respawn’. Questo meccanismo non solo fornisce un modo per recuperare dalle sconfitte, ma crea anche un ciclo di feedback che invita alla riflessione sulle decisioni compiute nel corso del gioco. Ogni respawn è un invito a riconsiderare le proprie scelte».22Galloway, cit., p. 82.

@hellno.mp4, “Bye”, 27 maggio 2024.

È a questo punto che il concetto di “respawn”, la rinascita dopo un errore, diventa una metafora potente per la vita digitale, poiché, proprio come in un videogioco, l’idea che vi sia sempre un punto di ritorno, un luogo di rigenerazione mentale ed emotiva, può fornire un senso di conforto rispetto alla travolgente infinità del flusso di contenuti presenti online. Se consideriamo l’attività di “scrollaggio” (scrolling) sui social media come una quest, ci rendiamo conto che anche questa nuova forma di interazione ha i suoi checkpoints. Per esempio, pagine che propongono “check-point reels” su piattaforme come Instagram (vedi @checkpoint_daily), offrono spazi sicuri dove gli utenti possono rifugiarsi. Questi “safe-places” sono dichiarati tali dai creators dei contenuti, e di rimando gli utenti che fruiscono di questi spazi non tardano a inviare un gran numero di feedback positivi nella sezione commenti.

In questo contesto, come affermato a più riprese dal pensatore Bruno Latour (2005), 

«[…] dovremmo considerare la socialità come una rete, e non come una struttura fissa. In questo modo, le relazioni tra gli attori non sono statiche, ma piuttosto in continua evoluzione. Ciò significa che la socialità è sempre in costruzione, mai completamente definita, e che gli attori e gli oggetti sono interconnessi in modi complessi che sfidano le tradizionali concezioni di cosa significhi essere ‘sociali’».33B. Latour, Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford University Press, 2005, p. 10.

Attraverso l’analisi della rete attore-utente44Dove con “attore” intendiamo l’attore umano, con “utente” l’attore umano digitalizzato. Sono due modi per descrivere lo stesso ente, ai limiti della scorrettezza proponiamo una sorta di dualismo a fini esplicativi.
è possibile comprendere come le relazioni tra attori sociali e tecnologie possano plasmare profondamente il nostro comportamento. Nel caso specifico, i checkpoint reels rappresentano un esempio chiaro di come le tecnologie creino spazi di interazione particolare, fornendo esperienze digitali forti e influendo sulla percezione del mondo off-line.

L’utilizzo del termine “quest” per descrivere l’attività sui social media, oltre che nei videogiochi, suggerisce che anche in questo caso ogni utente è impegnato in una missione, sia essa la ricerca di contenuti che soddisfino bisogni emotivi, sia la ricerca di connessioni sociali o la costruzione di un’identità digitale. La linea temporale, in questo caso, non è semplicemente quella del tempo “reale”, ma anche una linea personale che ogni utente costruisce nella sua interazione quotidiana con il mondo online, posto che in questa sede intendiamo comunque che tra le “due” linee temporali – fittizie – vi sia un continuum, se non una vera e propria fusione. Ogni utente è il protagonista di una sorta di narrativa personale all’interno del proprio feed, che viene costantemente aggiornato, rimodellato e influenzato dalle proprie interazioni e scelte. I checkpoints reels sono, in questo senso, momenti di meta-riflessione narrativa attraverso cui l’utente può fermarsi e chiedersi: “Sto progredendo nella mia missione?” Aggiungendo che anche le dinamiche di feedback come i like e le condivisioni agiscono come checkpoint nel senso in cui gli utenti possono valutare il loro impatto e la loro rilevanza all’interno di una comunità. È ancora una volta una forma di meta-riflessione sul nostro rapporto con la nostra identità digitale, se non una sorta di gesto terapeutico.

A questo fenomeno, che si fonda su una combinazione di internet culture e videogame, si accosta un altro interessante repertorio di meme, reels e tiktok che attingono dall’immaginario dark fantasy. Questi contenuti, utilizzando simboli e archetipi universali presenti nella letteratura e nel folklore (es. creature mitologiche, conflitti tra “bene e male”), non solo riflettono una precisa scelta estetica, ma richiamano attivamente emozioni profonde. Il viaggio dell’eroe, il grande mago, i vasti landscapes campestri sono tutti elementi e personaggi ricorrenti nella cultura letteraria, i quali trovano espressione in questi brevi contenuti audiovisivi, trasformando ogni reel in un micro-mondo narrativo: è una tensione tra la nostalgia e il riconoscimento culturale, che rende ogni reel non solo un’opera a sé stante, ma anche parte di una conversazione più ampia su esperienze condivise. L’immaginario dark fantasy risuona con un pubblico che cerca spazi di evasione ma anche di riflessione profonda, richiamando l’attenzione su come l’immaginario collettivo si plasmi attraverso le tecnologie: meme e reels non sono solo forme di intrattenimento, ma forme di catarsi collettiva, in cui gli utenti possono esplorare le proprie emozioni senza il peso del giudizio sociale, trasformando l’escapismo in un’opportunità di esplorazione del sé.

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Inoltre, la bolla dei reels e tiktok dark fantasy ha creato una nuova tendenza da attribuire a un sentimento dilagante nel web, soprattutto negli ultimi tre-cinque anni: la malinconia. Si tratta infatti, in molti casi, di una composizione di immagini e testi che simulano una situazione di conflitto interiore ed emotivo. Solitamente, la grammatica di questi meme è sempre la stessa: sono presenti una parte testuale, che può essere più o meno lunga, e un’immagine, il tutto accompagnato da una parte sonora. Analizzando separatamente le parti che compongono tali contenuti web, si possono rilevare delle peculiarità interessanti, ma è necessario un disclaimer: questi meme sono di fatto delle composizioni, collage che vengono definiti “video” per comodità, ma che non hanno quasi mai una parte dinamica o in movimento. Si tratta di una cartolina interattiva. Dunque, la parte visuale d’immagine è sicuramente quella più immediata e riconoscibile, poiché attiva la nostra attenzione nell’immediatezza in cui ci interfacciamo a un contenuto appartenente alla sfera digitale. Sono solitamente illustrazioni di stregoni o cavalieri, immersi in paesaggi boschivi e montuosi, calati in atmosfere notturne e antiche, che attivano nello spettatore quel sentore di “coziness” che può risvegliare il mondo del fiabesco in generale. E se le immagini sono uno strumento molto definito, si rivelano essere anche la parte meno autoriale di queste composizioni digitali, in quanto spesso vengono ri-utilizzate per altri scopi. Invece, per quanto riguarda i testi, questi si presentano sì con un pattern, ma diversamente dalle immagini (che più o meno risultano sempre simili tra loro), perché la parte scritta è in grado di determinare in maniera molto più decisiva la virata emotiva che si vuol conferire al video. In questo contesto, una delle frasi più celebri che si può trovare nei reels dark fantasy è “On a quest rn, talk later”, e con questa affermazione – dal tono ironico – si definisce la volontà di perseguire il proprio viaggio, attribuendogli addirittura l’appellativo di quest, attivando così una rottura della quarta parete per cui lo spettatore si riflette nell’immagine a cui è sottoposto ed empatizza, si riconosce e si sente rappresentato da quest’ultima.

Ma nonostante l’idea di “missione” sia una delle tendenze più frequenti rispetto a questi reels, ne esistono numerosissimi altri sparsi per il web dal tono estremamente più cupo, quasi suicidal, che propongono allo spettatore una visione annichilita degli eventi, alcune volte appellandosi addirittura all’azione stessa di scrollaggio portata avanti da chi li osserva: è qui che entrano in gioco la questione temporale, il tempo speso davanti allo schermo e come questo sia sprecato o ben investito, a seconda del tono che avrà il video. In questi casi, più rari ma comunque esistenti, il video diventa meta-narrativo, attingendo dal mondo dei contenuti corecore e dall’estetica del post-internet, aprendo quindi uno spiraglio su un altrettanto vasto e interessante corner del web.

Chiudendo l’analisi della composizione dei contenuti audiovisivi, il terzo elemento da considerare è la parte audio.55Nonostante si tratti dell’unico elemento che può essere rimosso dallo spettatore, in quanto a discrezione di chi guarda scegliere se utilizzare l’audio o meno.
Nella sfera dell’aspetto sonoro, si è creata una nicchia di canzoni diventate di riferimento per reels di un certo tipo, come quelli che considerano la liminalità degli spazi digitali, accomunati dal tono nostalgico e melancolico, di cui si possono trovare intere playlist e raccolte sulle maggiori piattaforme di musica quali Spotify e Apple Music. Le canzoni in questione66Dorian Concept – Hide (CS01 Version) 
my head is empty – i was only temporary
øneheart, reidenshi – snowfall
scizzie  – acquatic ambience (slowed + reverb sounds).
hanno sempre dei motivi blu, degli arrangiamenti quasi depressivi, fumosi, grattati, emotivamente laceranti e catatonici: porre così tanta enfasi sulla parte audio è uno degli aspetti caratterizzanti di questi reels, in quanto l’immagine e il testo non basterebbero a creare nel fruitore quel mix di sensazioni che invece viene sollevato dal trittico di elementi combinati insieme. In definitiva,

«La musica e i suoni diventano un ulteriore strato di senso, in grado di amplificare l’impatto emotivo e sensoriale del meme o del contenuto audiovisivo, contribuendo a creare quella malinconia sospesa tipica dei luoghi liminali e delle estetiche nostalgiche».77V. Tanni, Memestetica. Il settembre eterno dell’arte, NERO Editions, Roma, 2020, p. 53.

Al netto delle considerazioni elaborate a partire dalle ricerche sull’interazione ed esplorazione di questa nicchia del web, affermare con esattezza quale impatto avrà sulle future derive dell’internet è una missione/quest azzardata. Tuttavia è possibile ipotizzare che, da questa ri-contestualizzazione dell’estetica del gaming e il suo rapporto con il tema dell’escapismo, i nuovi modelli memetici non solo avranno strutture sempre più specifiche e mirate, ma si creeranno sempre più contenuti la cui modalità sarà di autovalutazione e autocritica. Se il fenomeno del “meta-meme” non è ancora una teoria consolidata a livello globale, probabilmente è perché si tratta di questioni complesse e molto recenti, difficili da storicizzare e, in un certo modo, antologizzare all’interno di una visione più accademica. Considerato questo, risulta evidente come interfacciarsi a contenuti d’intrattenimento, quale può essere un reel o un tiktok, stia diventando una questione sempre più raffinata e potenzialmente esplorativa in termini critici, in quanto sull’internet hanno da sempre trovato florido sviluppo dei sottoboschi peculiari e con una mira più capillare a un pubblico detto a scoprirne le sfaccettature di costituzione della rete stessa. 

Sulla base delle esperienze di altri mondi legati all’arte e alla cultura dello spettacolo, e per citarne uno il cinema, che a partire dagli anni Cinquanta/Sessanta ha trovato la deriva del cosiddetto metacinema – il cinema che riflette su sé stesso – così, sempre di più, anche Internet sta sviluppando una sensibilità a ciò che rappresenta come strumento di escapismo creativo e di coinvolgimento culturale.

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Autori
  • Jacopo Casamenti
    Jacopo Casamenti è localizzato a Bologna; si occupa di Internet art e operazioni collettive con alcuni gruppi di cui è membro e fondatore (GK01, Gleba 2000). È selector come DJ Laguna.
  • Lucrezia Zucconi
    Lucrezia Zucconi vive e lavora a Bologna. Completati gli studi in Scienze filosofiche, specializza la sua ricerca in Natura e nuove tecnologie, con un focus particolare sulle intelligenze artificiali generative. Gestisce un archivio digitale ibrido e open source dal nome cursedinfo.
Bibliography

R. Galloway, Gaming: Essays on Algorithmic Culture, University of Minnesota Press, 2006.

B. Latour, Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory, Oxford University Press, 2005.

V. Tanni, Memestetica. Il settembre eterno dell’arte, NERO Editions, Roma, 2020.